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Roma deve respingere Roberto Gualtieri: è ostaggio delle correnti del Pd

Francesco Storace
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Chissà se oggi Roberto Gualtieri sarà inseguito da Fanpage. Magari per ascoltare qualche sua parolina elettorale nel giorno del silenzio di legge. Perché con una faccia tosta incredibile il candidato della sinistra a sindaco di Roma contro Enrico Michetti andrà alla “manifestazione antifascista”. 

Gualtieri è e resta comunista nell’animo, e si guarderà bene dal suggerire di manifestare solidarietà al suo avversario per il Campidoglio, che ha ricevuto minacce dai “compagni” che sognano di nuovo le Brigate rosse. Ieri mattina ha dettato tre righe ambigue alle agenzie sull’attacco al comitato di Michetti. E poi basta.

Oggi andrà a farsi notare, anziché restarsene a casa come dovrebbe. Con la fifa che si porta appresso dall’inizio dell’avventura passata attraverso primarie costruite per lui, Gualtieri farà campagna elettorale oltre ogni tempo limite pur di incassare voti anche in questa maniera.

Eppure, ha avuto a disposizione un sacco di tempo per dire quel che vuol fare. Generico come poche volte ci è capitato al cospetto di aspiranti sindaci di Roma. I suoi hanno fatto mesi di pulci a Michetti in un’opera di autentico rovistaggio e pochi si sono accorti delle carenze del rosso di turno.

Neanche ieri, nella chiusura formale della campagna elettorale Gualtieri è stato capace di pronunciare un solo nome degli assessori che vorrebbe avere al suo fianco in caso di vittoria. Una specie di segreto da non confessare mai: e a chi diamine starà pensando se non è capace di dire prima del voto chi vorrebbe far collaborare con sè? 

Michetti ha messo in campo nomi che valgono discussioni appassionate, sia per i favorevoli che per i contrari. Da Simonetta Matone a Vittorio Sgarbi e a Guido Bertolaso si sa di chi si parla. Evidentemente le correnti del Pd negano libertà di movimento al candidato del centrosinistra.

Lo marcano a vista, perché ne conoscono (e ne temono) gli errori commessi al governo. Non sarà certo casuale la bocciatura che di Gualtieri ha preteso Mario Draghi nella formazione del suo governo. 

E ne aveva ben donde, il premier. Nel dossier di Draghi sui ministri di Conte – ahinoi, è riuscito a tenersi persino Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, ma Gualtieri proprio no – spiccano perle indimenticabili alla guida del ministero dell’economia.

A partire da quell’incredibile regalo di oltre cento milioni all’industria cinese dei monopattini. Mentre a Roma riservava solo le briciole nel piano dei fondi europei post-pandemia. Elemosine per il Giubileo e Cinecittà (per i film da produrre) e nient’altro. Dice Gualtieri: “Ma ci sono i bandi”. Certo, ma lui non ha alcun merito, perché valgono per tutte le città. La Capitale l’ha dimenticata proprio il “compagno Roberto”.

Persino nel corso della pandemia 2020 il ministro dell’economia di Conte – i famosi competenti – ha dimenticato di erogare la cassa integrazione a migliaia di lavoratori. Però nelle casse dello Stato ha trovato le risorse per buttare soldi sui banchi a rotelle cari alla ministra Azzolina e le mascherine farlocche di Arcuri. Anche se mancavano persino i respiratori negli ospedali.

Chissà se stamane alla manifestazione “sindacale” avrà modo di incrociare una rappresentanza di lavoratori ex-Alitalia: gli converrà non farsi notare in quel caso, perché sono davvero arrabbiati con lui per come ha gestito il dossier Ita.

Sicuramente non potrebbe incontrare – Gualtieri – la gratitudine di una marea di gestori privati di attività commerciali e non solo, letteralmente distrutti con i suoi incomprensibili decreti ristori. Nel suo mandato l’aspirante sindaco del Pd si è caratterizzato per le elemosine stanziate per commercianti, ristoratori, operatori turistici e persino dello sport massacrati economicamente dalla pandemia.

Roma ha già pagato un tributo alla gestione dell’economia da parte di Gualtieri. Che da sindaco dovrebbe affrontare la prima, drammatica emergenza: quella di una città sporca e stracolma di rifiuti a cui fanno compagnia i cinghiali. Sul tema è stato assolutamente evasivo, perché non poteva e non potrebbe certo toccare la debolezza delle politiche di Nicola Zingaretti. Con il governatore, Gualtieri sarà senza alcuna autonomia e per i romani saranno guai. Se Nicola vuole la discarica, si deve fare. E il compagno Roberto dovrà obbedire al Presidente della Regione senza fiatare.

Del resto, è noto a tutti che la giunta comunale sarà composta proprio negli uffici di via Cristoforo Colombo, dove staziona Zingaretti. Sarà lui ad imporre a Gualtieri – se davvero dovesse diventare sindaco – la presenza dei Cinque stelle nella giunta comunale. Troppo importante Roma per non rispondere alla chiamata che serve a Giuseppe Conte per portare definitivamente i pentastellati nell’orbita del Pd. Con tanti saluti a Carlo Calenda. 

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