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Campidoglio, a 95 anni cacciata dalla casa popolare. La rivolta di nonna Lea: iniziate dagli abusivi

Incontenibile, "ma con quale coraggio. Vivo qui da 70 anni". Il racconto dell'ex volontaria delle colazioni solidali di piazza Mastai

Grazia Maria Coletti
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"A 95 anni cacciata dalla casa popolare  a Largo Veratti dove vivo da 70 anni ma al Comune di Roma che mi vuole mandare via io dico di iniziare dagli abusivi". E' questa la denuncia di Lea Carlini, 95 anni, classe 1926, e una testa e una grinta da far invidia ai più giovani. Qualche giorno fa suonano alla porta del suo appartamento, interno 1 dell’edificio D del complesso di palazzi dietro l’università Roma Tre in zona San Paolo e le recapitano la "diffida al rilascio per occupazione senza titolo dell’alloggio di proprietà dell’Amministrazione Capitolina a largo Veratti 17" così c’è scritto sul foglio. "E anche se hanno sbagliato il civico, perché il mio è il 37, vogliono proprio mandare via me che vivo qui da 70 anni, da quando sposina ho lasciato Orvieto e sono venuta a Roma con mio marito Umberto Giglietti, che aveva vinto il concorso da vigile urbano. Era il più bel vigile urbano di Roma il mio Umberto - racconta ancora innamorata - è stato per 25 anni a Lungotevere Cenci all’ufficio delle case popolari e io sto nella "peggio" casa di Largo Veratti - racconta in dialetto romanesco anche se è nata in Umbria - una casa che è quasi a piano terra, coi cassonetti sotto il naso, ma per farli spostare ho fatto le foto sotto le finestre e l’ho portate in Municipio, allora eravamo l’XI". E ora la battaglia più dura per restare a casa sua. "Ma poi con che faccia - continua - dal Campidoglio hanno detto che vogliono mettere tutto a posto, e questi vogliono cominciare proprio da me, che sono in regola, dicono che vogliono fare la sanatoria perché ci sono tanti abusivi e allora che iniziassero dagli occupanti veri, e lasciassero morire in pace me, che dopo aver passato tutta la seconda guerra mondiale davvero non pensavo di doverne combattere un’altra e a quest’età".

Dello "sfratto" proprio non se ne capacita. Dopo la morte del marito Umberto e il decesso nel 2009 del figlio Leonello, geometra morto sul cantiere, nonna Lea non ha perso tempo. "Ho portato il certificato di morte alla Romeo, che allora gestiva le case popolari del Comune di Roma, mi hanno fatto subito il bollettino e me l’hanno dato a mio nome, e io ho pagato sempre l’affitto che mi mandavano. Di ricevute ce ne ho una scatolata piena che non so più neanche dove metterle". 

Gli abusivi? "Sì ci sono e ci sono stati», ammette. "Ne hanno fatte di tutti i colori. A me invece mi ha rovinato la residenza in Umbria, una casa dove non si può stare, con tante scale, sennò avrei comprato questa di Largo Veratti e a quest’ora non dovevo stare a questionare per fare rispettare le mie ragioni". Meno male che al suo fianco c’è Domenico Fumato, presidente Tuttoblue Arte e Sociale, associazione di volontariato di cui fa parte anche nonna Lea che fino a qualche tempo fa serviva le "colazioni di solidarietà" a piazza Mastai. "Domenico è andato a protestare in Campidoglio ma - conclude l’anziana - se mi fanno arrabbiare gli dico di andarci col bastone..".
 

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