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Sei arresti nel clan Casamonica-Di Silvio. In manette anche uno del raid al Roxy bar

Valeria Di Corrado
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Nuovo colpo al clan Casamonica. Dalle prime ore di questa mattina gli agenti del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile di Roma e del Commissariato Romanina stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di sei appartenenti alla famiglia Casamonica-Di Silvio (residenti tra via Devers e via Barzilai) ritenuti responsabili a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e spaccio di sostanze stupefacenti. In manette Enrico Di Silvio (classe ‘47), Alevino Di Silvio (classe ’55), Silvio Di Vitale (classe ‘62), Anacleto Di Silvio detto “er mortadella” (classe ‘67),  Alfredo Di Silvio detto “Augù” (classe ‘70), Ivana Casamonica (classe ’70).

Tra i 6 arrestati c'è anche uno dei partecipanti all'aggressione al Roxy Bar del primo aprile 2018 ai danni di una disabile in coda alla cassa. Si tratta di Enrico Di Silvio, condannato in via definitiva a 2 anni e 11 mesi per violenza privata, lesioni e minacce, aggravate dal metodo mafioso, insieme ai nipoti Alfredo Di Silvio (classe '96) e Vincenzo Di Silvio (classe '90), condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e a 4 anni e 8 mesi, e ad Antonio Casamonica (classe '92), condannato a 6 anni di reclusione, anche lui con il riconoscimento dell'aggravante del metodo mafioso. Pena confermata lo scorso settembre anche in Cassazione.

 

L’odierna operazione denominata “Cardè” (termine sinti con il quale viene indicato il denaro) è frutto dell’attività d’indagine svolta a seguito del raid all’interno del Roxy Bar di via Barzilai. Le indagini hanno consentito di accertare una serie di soprusi subiti nel corso del tempo dai gestori dell’esercizio commerciale e una reiterata attività intimidatoria, posta in essere dal nonno Enrico e dai nipoti Vincenzo e Alfredo, finalizzata a convincere le vittime a non presentare denuncia nei loro confronti. Le condotte criminose in quella circostanza hanno rappresentato una evidente ostentazione del potere del clan su un territorio che considerano sottoposto al loro dominio, come rimarcato da uno degli aggressori durante l'aggressione: “Qua comannamo noi”, “Non ti scordare che questa è zona nostra”.

Le indagini hanno consentito di acclarare che i coniugi Ivana Casamonica e Anacleto DI Silvio (genitori di Alfredo e Vincenzo) spacciavano quotidianamente cocaina all’interno o nei pressi della loro abitazione in via Barzilai, previ accordi telefonici in cui usavano un linguaggio in codice per parlare di droga: “pane” e “ricette”. Era soprattutto  Ivana ad occuparsi del confezionamento e della vendita dello stupefacente, mentre Anacleto, oltre a mantenere i contatti con i fornitori, svolgeva il ruolo di “vedetta” in strada. A seguito degli arresti connessi ai fatti del Roxy Bar, Ivana aveva estorto a un abituale “cliente” somme di denaro per sostenere le spese legali dei figli detenuti. La vittima veniva minacciata attraverso un messaggio lasciato sulla segreteria telefonica da Alfredo DI Silvio, detto “Augù”: “…che cazzo ti sei messo in testa aoooò… ma che ti dobbiamo veni a casa? Te dobbiamo venì a bussà a casa tua? Ao! Se domani mattina non vieni qua… te veniamo a casa…mò hai rotto il cazzo eh!”. La stessa Ivana lo intimidiva: “Fa come vuoi…guarda tanto lo so dove stai a me non me interessa, a me non me interessa poi quello che succede … lo sai che te volemo bene, lo sai, lo sai bene”.

L’usura si è rivelata la principale attività di Enrico Di Silvio: ha continuato ad esercitarla nonostante la sottoposizione agli arresti domiciliari per le vicende del Roxy Bar, con l’ausilio del genero Silvio Di Vitale -compagno della figlia Angelina- e del fratello Alevino Di Silvio, arrivando a pattuire interessi pari al 102,5% annuo e a chiedere in garanzia cambiali con importi ben superiori rispetto al capitale erogato. "Emerge dunque con tutta evidenza il clima di paura in cui versa la popolazione del quartiere Romanina e la difficoltà da parte delle forze dell’ordine di avviare e portare a termine indagini che spesso non possono compiutamente svilupparsi dati i timori delle vittime di ritorsioni da parte dei componenti della famiglia", scrive il gip Clementina Forleo nell’ordinanza di custodia cautelare che oggi ha portato in carcere sei membri del clan Casamonica-Di Silvio.

A mò di esempio il giudice riporta anche la testimonianza resa alla polizia da una vittima del clan che cercava di disintossicarsi e smettere con la cocaina, interrompendo i rapporti con la famiglia: "Io non ero in grado di oppormi ad Ivana Casamonica e ai suoi familiari, avevo ed ho paura di loro. Dopo l’arresto dei familiari di Ivana per i noti fatti accaduti in borgata all’interno del Roxy Bar, io presi ancora più paura a frequentare la loro abitazione e facendo un grande sforzo emotivo e psicologico decisi definitivamente di smettere di assumere la sostanza stupefacente e per cui non recarmi più da Ivana. Venivo tartassato di telefonate dalla donna e decisi di non rispondere più al telefono. Quando mi presentavo in casa, sempre da solo, la donna mi pregava di aiutarla economicamente lasciandogli o portandogli dalle 100 alle 200 euro, in quanto le servivano per pagare gli avvocati che difendevano i suoi due figli detenuti. Nonostante ciò riuscivo a non prendere le dosi di cocaina che la stessa puntualmente mi offriva, lei insisteva di aiutarla". "Dall’ultima consegna di denaro - è il racconto dell’ex cliente - essendo ormai distrutto psicologicamente e moralmente, trovandomi in uno stato di soggezione tale da avere paura di camminare nel quartiere e di frequentare anche luoghi pubblici e i negozi tra le vie della borgata, ho deciso di non rispondere più alle chiamate di Ivana benché la stessa insistesse con telefonate effettuate presso la mia utenza a tutte le ore del giorno in maniera continuativa e senza sorta di interruzione".

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