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Orrore al Parco dell'Aniene: impiccano il cane su un albero: "Era ingestibile"

Massimiliano Gobbi
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Orrore a Roma, un uomo impicca il cane ad un albero e si giustifica dicendo che «era ingestibile».  A coglierlo sul fatto, un agente di polizia penitenziaria libero dal servizio, che, nel tardo pomeriggio dello scorso 19 giugno, mentre passeggiava all’interno del parco dell’Aniene a Casal de Pazzi, alla periferia Nord-Est di Roma,  si è trovato difronte l'immagine terrificante di un cane, morto strozzato, appeso con una corda ad un ramo di un albero a un’altezza di 6 metri da terra nell’area della Riserva Naturale della Valle dell’Aniene, fra via Vincenzo Lodigiani e via Attilio Benigni.

Autore del terribile gesto, un uomo di 65 anni che alla vista dell'agente ha iniziato a correre verso l'uscita del parco con una sega in mano. Il poliziotto ha così chiamato il 112 e nel giro di pochi minuti sono intervenuti gli agenti di polizia del commissariato San Basilio che, tramite testimoni, sono riusciti a trovare l'uomo, scappato su un'utilitaria in compagnia di due donne  ucraine di 54 e 63 anni.

Rintracciato il responsabile, ha raccontato che il cane di otto anni «era diventato ingestibile»  e che la sera prima aveva morso alla mano la proprietaria. Il 65 enne è stato denunciato dalla polizia per uccisione di animali, resistenza e minacce a pubblico ufficiale,  mentre la donna proprietaria del cane per favoreggiamento.  La sega e la corda con cui ha ucciso il cane sono state sequestrate dalla polizia scientifica.

«La follia non ha mai fine - dichiara in una nota Cinzia Caruso, responsabile nazionale Difesa e Benessere degli animali del movimento ecologista Ecoitaliasolidale e Piergiorgio Benvenuti, Presidente Nazionale dell’Associazione - chiediamo  il fermo immediato del responsabile del folle gesto, una condanna esemplare per la feroce e predeterminazione dell’accaduto. E’ stata scritto il  più terribile e macabro comportamento nei confronti di un cane domestico, che solamente grazie all’intervento dell’agente non è proseguito con il sezionamento dell’animale».

Intanto, l'Oipa Italia, Organizzazione internazionale protezione animali, interverrà come parte attiva nel procedimento penale, depositando una denuncia penale e costituendosi come parte civile nel processo contro il responsabile-

«Una sofferenza inaudita subita da un essere senziente che non si può accettare e che chiede giustizia. Per questo procederemo in sede giudiziaria», dichiara Massimo Comparotto, presidente dell’Oipa Italia. «Le pene previste dalla nostra legislazione per tali reati sono troppo lievi, lo ripetiamo da tempo. Occorre una tutela più incisiva per gli animali, che ancora non ricevono una copertura legislativa diretta non essendo loro riconosciuta soggettività giuridica. Auspichiamo un inasprimento per le pene riguardanti il maltrattamento e l’uccisione di animali, anzitutto per l’esigenza di una loro piena tutela, ma anche perché studi scientifici attestano la correlazione tra la crudeltà sugli animali e la più generale pericolosità sociale di chi la commette».

L’Oipa ricorda, inoltre,  che l’uccisione di animali è reato art. 544 bis del Codice penale, che recita: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni».

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