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Il canto d'amore dell'assiolo diventa un rebus di quartiere

Il richiamo del rapace sorprende i residenti di Colli Aniene in isolamento. Senza traffico e rumori c'è spazio per i suoni della natura

Davide Di Santo
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Priva dei traffici quotidiani la città si svuota anche dei suoi rumori. Clacson e motori lasciano spazio acustico a suoni dapprima sommersi. Come quel «chiù» intermittente che da un paio di settimane viene avvertito da molti residenti di Colli Aniene, quartiere della periferia est di Roma che si snoda tra il tratto urbano dell'A24 e la Palmiro Togliatti. Appena scende il tramonto il «chiù» sordo e intermittente comincia ad arrivare alle orecchie in quarantena dei residenti per scemare solo a tarda notte. Sui gruppi Facebook del quartiere ci si chiede cosa sia. Ma lo sentite anche voi? Cos'è? Un allarme, un antifurto? C'è chi si sbilancia: è sicuramente un dissuasore per uccelli, forse installato sul palazzone semicircolare accanto al supermercato. Leggi anche: Il coronavirus e i barboni del Pantheon: quand'è che ve fanno uscì? Poi ecco il post chiarificatore, quello che svela l'arcano: non c'è dubbio, è l'assiolo. L'assiolo? Sì, è il canto dell'assiolo, il richiamo d'amore del rapace migratore. La prova è inequivocabile: c'è il video di YouTube per ascoltarlo, è proprio lui a turbare il sonno dei reclusi tiburtini con il suo verso metallico, un «cicalino» che sembra artificiale ma che in realtà è un messaggio d'amore vecchio come il cucco. Per quelli del palazzone, il semicircolare, l'assiolo è una vecchia conoscenza: qualche esemplare torna tutti gli anni per poi migrare a sud e svernare in Africa, a sud del Sahara, e con il «chiù» dell'uccello innamorato ci si deve convivere per tutta l'estate. Ma con il deserto acustico della quarantena il suo canto è iniziato a diventare familiare anche per quelli che abitano più lontano dal luogo d'elezione del piccolo rapace, che porta un nome scientifico che sembra uscito da un libro di magia: Otus Scops. È un gufetto lungo una ventina di centimetri, dal piumaggio screziato, imparentato con l'allocco, il barbagianni e la civetta. Solitario e notturno, si nutre perlopiù di grossi insetti, e in questo periodo cerca la compagna per l'accoppiamento. Una sola per ogni stagione. Anche se il Pascoli ha dedicato al suo richiamo una poesia, l'apparizione dell'assiolo nella periferia romana sembra più un capitolo del Marcovaldo di Italo Calvino, il libro che racconta l'alternarsi delle stagioni in città attraverso gli echi sempre più lontani della campagna inurbata. Insieme a cinghiali, volpi e fagiani (già, qui a due passi dalla tenuta della Cervelletta ce ne sono a volontà) entra nel novero delle specie selvatiche che abitano le nostre città. E se la notte è il regno delI'assiolo cantante, durante il giorno i protagonisti del quartiere sono i pappagalli, grossi e dal piumaggio giallo-verde, che si godono il sole primaverile. Quando sono arrivati qualche anno fa, probabilmente eredi di quelli apparsi qualche anno prima alla Caffarella, sembravano un po' i marziani a Roma di Flaiano. Spaesati, e un po' increduli sul fatto che si possa campare anche lontano dai tropici o fuori da una gabbia, e magari anche essere felici. Oggi sono gli allegri e un po' scaciati padroni di prati, parchi e giardini condominiali. Per loro il divieto di circolazione non vale.

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