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Coronavirus, piano flop nel Lazio: mancano le strutture

Nicola Zingaretti firma l'ordinanza ma non coinvolge le cliniche private

Angela Barbieri
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Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato l'ordinanza contenente le «misure per la prevenzione e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19». Un provvedimento che dovrebbe aiutare la Regione ad affrontare l'emergenza coronavirus. È bene ricordare, però, che nelle strutture ospedaliere del Lazio in media c'è solo un letto di terapia intensiva ogni diecimila abitanti. Eppure, in questa situazione di crisi, la Regione non ha previsto di coinvolgere quelle strutture private che avrebbero i requisiti per essere accreditate, ma ancora non lo sono. Un esempio? La clinica San Raffaele di Velletri, chiusa dal 4 gennaio 2012, ma pronta ad aprire nell'arco di pochi giorni se solo ci fosse la volontà in Regione. Invece, cosa hanno fatto Zingaretti e il suo assessore alla Sanità, Alessio D'Amato? Hanno presentato una serie di misure che non consentono di invertire la rotta rispetto agli ultimi anni. Soprattutto rispetto agli ultimi sette anni in cui l'assessore D'Amato non è riuscito a risollevare le sorti di una sanità che durante tutto il periodo del commissariamento ha perduto 16 ospedali e 3.600 posti letto. Secondo i dati contenuti nell'ultimo rapporto redatto dal Ministero, il Lazio negli ultimi dieci anni ha perduto anche il maggior numero di operatori sanitari rispetto alle altre regioni: 9.449. L'ordinanza firmata ieri, innanzitutto, aumenta da 518 a 675 i posti di terapia intensiva, di cui 150 destinati alle malattie infettive come il Covid-19. Quindi, in generale, i letti in più sono 157. Ma significa anche che i posti in più riservati a tutti coloro che necessitano dell'assistenza fornita dalla terapia intensiva, ma che non hanno il coronavirus, sono 7. Proprio così: solo 7. Il testo contiene, tra gli altri, i seguenti punti: «Coinvolgimento delle strutture pubbliche e private accreditate facenti parte della rete ospedaliera e territoriale regionale in coordinamento con l'Unità di crisi; attuazione della rete di laboratori dedicata per la diagnosi di infezione da sars-cov-2 coordinata dal Laboratorio regionale di riferimento presso l'Istituto malattie infettive Lazzaro Spallanzani (struttura di riferimento regionale per la gestione Covid-19); trasferimento, da parte della Direzione sanitaria dell'Istituto Lazzaro Spallanzani, dei pazienti già in carico e allocazione dei nuovi, per patologie diverse da Covid-19, in altre strutture pubbliche e private accreditate facenti parte della rete delle malattie infettive; individuazione, quale ulteriore struttura sanitaria esclusivamente dedicata alla gestione dei pazienti affetti da Covid-19, del presidio Columbus gestito dalla Fondazione policlinico Gemelli Irccs; accoglienza dei pazienti, per tutto il periodo emergenziale del Covid-19, presso le strutture di ricovero private accreditate della Rete dell'Emergenza dotate di ps/dea; ricorso alle mascherine chirurgiche per proteggere gli operatori sanitari; limitazione dell'accesso al pronto soccorso alle sole condizioni strettamente necessarie e nel rispetto di quanto previsto dal dpcm del 4 marzo 2020; accesso della popolazione assistita presso gli studi/ambulatori/poliambulator i nei casi strettamente necessari e osservando le buone pratiche di igiene respiratoria». Zingaretti e D'Amato hanno spiegato anche che il peggioramento dei contagi nel Lazio è avvenuto a causa di una festa che si è tenuta a Latina. «L'aumento dei casi positivi registrati giovedì - hanno detto - è legato a questa festa conviviale fatta con persone provenienti da altre regioni». L'assessore ha fatto sapere anche che «sono 54 i casi nel Lazio e sta aumentando il numero dei dimessi». Per la scuola, infine, «oltre ai fondi nazionali per l'educazione a distanza - ha aggiunto Zingaretti - la Regione Lazio ha stanziato 3 milioni e mezzo di euro per i progetti di classe virtuale. Abbiamo già scritto a tutti i sindaci e per tutti gli istituti superiori del Lazio ci sarà un contributo per rafforzare l'acquisto di attrezzatura, corsi di formazione per docenti, produzione di materiale e anche acquisto di pacchetti didattici per la formazione a distanza. Questo - ha concluso - rappresenta un altro segnale a non fermarsi».

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