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Pace molla e si dimette, cade il Municipio VIII

Paolo Pace

Finisce male la faida tra i «talebani» M5S e il fedelissimo della Raggi

Daniele Di Mario
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Psicodramma grillino nel Municipio VIII di Roma Capitale. Dopo mesi di polemiche, faide e sospetti, il presidente Paolo Pace dice basta. Il minisindaco protocolla ufficialmente le proprie dimissioni, definendole, «irrevocabili». In realtà Pace ha venti giorni di tempo per tornare sui propri passi. In caso contrario, il Consiglio municipale verrà sciolto e i poteri del presidente passeranno, come prevede lo Statuto capitolino, alla sindaca Virginia Raggi che li eserciterà fino all'indizione di nuove elezioni da parte del prefetto. Il Municipio VIII potrebbe così tornare alle urne insieme a Ostia una volta terminato il commissariamento per mafia. L'ipotesi che circola in Campidoglio è il voto a ottobre, anche se non c'è chi esclude la primavera 2018. Il Municipio VIII cade per l'impossibilità di governare un territorio con una maggioranza spaccata tra l'ala vicina alla Raggi e quella definita «ortodossa» o «talebana» che fa riferimento alla parlamentare 5 Stelle Roberta Lombardi. Tutti falliti i tentativi di ricomporre la frattura. Inutili le dimissioni del vicepresidente Massimo Serafini; inutile la speranza di siglare la pace con un documento congiunto cui affidare le linee di governo e le regole comportamentali; inutile la mediazione dei consiglieri comunali Paolo Ferrara Stefano, Maria Teresa Zotta e Pietro Calabrese. Decisivo lo scontro sui progetti urbanistici e, in particolare, sulla riqualificazione degli ex Mercati Generali a Ostiense, una vicenda che ha definitivamente spaccato la maggioranza pentastellata nel parlamentino di via Benedetto Croce. «Ho protocollato le mie dimissioni per il bene del M5S - spiega Pace - Impossibile continuare con una maggioranza che si comporta da opposizione, controllando e criticando ogni atto della giunta prima ancora che venga prodotto, effettuando veri e propri blitz negli uffici amministrativi e producendo così una indebita e inaccettabile ingerenza che ha provocato le reazioni di dipendenti e sindacati». «A nulla sono serviti - prosegue Pace - i continui tentativi di mediazione per dirimere i conflitti interni e ricomporre il gruppo. L'ala dissidente non ha capito il significato più profondo del nostro MoVimento, fallendo la sfida di governo e non capendo l'esigenza di archiviare il movimentismo». Pace denuncia tentativi di delegittimazione, impossibilità di ricomporre i rapporti umani e politici e, soprattutto «il sabotaggio» dell'«azione di cambiamento» del M5S. Di qui le dimissioni «affinché il caos provocato dai dissidenti in Municipio VIII non contagi anche le altre amministrazioni. Qualcuno, non certo il sottoscritto, dovrà assumersi la responsabilità politica di questo disastro». Il capogruppo 5 Stelle in Assemblea Capitolina Paolo Ferrara parla di «profonda irresponsabilità politica» da parte di Pace che «si sta ponendo fuori dl M5S». Intanto le opposizioni attaccano. Il Pd occupa simbolicamente l'aula consiliare e parla di «incapacità del M5S», FI invece di «armata brancaleone» e di «grillini inutili e dannosi», FdI chiede elezioni subito, l'ex presidente Andrea Catarci invita a «voltare pagina», chiedendo alla Raggi «di fare come Pace».

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