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Duplice omicidio a Tor Pignattara Killer clienti del bar delle vittime

Il corpo del cinese ucciso da due rapinatori

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I due killer è probabile che fossero clienti del bar delle vittime cinesi dell'altra sera, a Tor Pignattara. Forse tossicodipendenti. Avevano scelto il loro obiettivo e lo hanno colpito con una ferocia che è sfuggita di mano anche a loro, facili alla violenza senza senso. È una delle ipotesi sulle quali stanno indagando i carabinieri di Roma a caccia dei due rapinatori-assassini di Joy, una bambina di nove mesi, del papa Zhou Zeng di 31 anni, e del ferimento della mamma ventiseienne Zheug Lyan, ricoverata all'ospedale San Giovanni Addolorata e ancora ignara della morte della piccola e del marito. È una caccia senza sosta, portata avanti dalla Compagnia Casilina del maggiore Domenico Albanese, dal Nucleo investigativo di via In Selci di Lorenzo Sabatino, coordinati dal colonnello Salvatore Cagnazzo con la regia del comandante provinciale Maurizio Detalmo Mezzavilla. Gli investigatori non tralasciano alcuna pista, immaginando per esempio che non sia stata solo una rapina finita male ma altro. Partendo da una  domanda: perché la donna ha opposto tanta resistenza e non ha mollato subito la borsa? Al vaglio anche tracce biologiche e di sangue trovate sull'asfalto e probabili impronte digitali che potrebbero essere rilevate su un mazzo di chiavi trovato a terra, pare del money transfert in via Bordoni di cui era titolare la vittima. E sui frammenti della borsa recuperati sul luogo del delitto, portata via dai rapinatori e all'interno della quale sembra ci fosse il cellulare della donna. Un indizio decisivo. Il telefonino potrebbe aver lasciato una traccia telematica. Intanto ieri sera è arrivata la conferma dall'autopsia sui corpi eseguita all'Istituto di Medicina legale della Sapienza. Ad aver ucciso padre e figlia è stato un colpo solo forse calibro 7,65. La pallottola prima ha ferito a morte la piccola alla testa, poi si è conficcata nel cuore del padre. Un giorno dopo il fattaccio, anche la dinamica si fa più chiara, grazie soprattutto alla testimonianza di circa una decina di persone che l'altra sera erano presenti al momento dell'aggressione degenerata in duplice omicidio. Intorno alle 21,30 i coniugi chiudono il bar in via Antonio Tempesta, ad angolo con via Casilina. La famiglia di lei ha acquistato l'attività circa otto anni fa da alcuni romani e ora a gestirlo sono lei, le due sorelle e il fratello. La donna ha l'impressione di essere seguita. E in effetti è vero. Sono i due malviventi col volto travisato dai caschi, forse clienti del bar dove non mancano videogiochi e vicino al Sert della Asl C, punto di riferimento di numerosi tossicodipendenti della zona. La famiglia è diretta nella casa poco distante, in via Alò Giovannoli, strada senza uscita e buia, dove l'altra sera si è anche verificato uno strano blackout. Nell'appartamento al secondo piano i tre cinesi vivono coi nonni materni, sorelle e fratello di lei. Davanti al portone la tragedia. I due  malviventi tentano di strappare la borsa. Il marito, con la bimba in braccio, reagisce. I rapinatori, ha riferito la donna ai carabinieri, «sono diventati belve». Con accento romano avrebbero detto all'uomo: «Ti uccidiamo come un cane». La colluttazione prosegue. La cinese tenta di proteggere la borsa coi soldi. Pare 5 mila euro, l'incasso del bar. Altri tremila sono in una tasca del giubbetto del marito. Con un taglierino i rapinatori tagliano la cinghia e feriscono la donna a braccio destro e torace. Il marito si mette in mezzo e parte il colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo da uno dei rapinatori. La pallottola trapassa la fronte della bimba e si conficca nel petto del papà, entrambi morti sul colpo. La donna insegue i due malviventi poi torna indietro raccogliendo la figlia senza vita, muovendosi avanti e indietro sul marciapiede. Ieri il vicesindaco di Roma, Sveva Belviso, è andata a trovarla in ospedale. La donna è ancora sotto choc. Ripete: «Non mi fanno vedere mia figlia, non so dov'è». Chiede:  «Come sta mia figlia, come sta mio marito». Esprime un solo desidero: «Voglio uscire da qui per vedere la mia bambina che si è fatta male». Al San Giovanni per tutto il giorno è stato un viavai di parenti e cinesi provenienti dai vari quartieri. A parlare per tutti è padre Michele, parroco della chiesa di San Bernardino da Siena in via Panisperna. «Sono chiamato come interprete e mediatore culturale. Come loro, provengo dalla regione dello Zhejiang e li capisco bene». La famiglia distrutta da un colpo di pistola era perfettamente integrata a Tor Pignattara. Era stimata anche dagli orientali dell'Esquilino, alcuni dei quali clienti del money transfert della vittima. I due si erano sposati due anni fa. Una festa alla quale hanno partecipato pure molti romani del quartiere. Per l'occasione, lo sposo aveva noleggiato una Ferrari.

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