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Caso Cucchi, il medico: "Non poteva essere curato in carcere"

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Stefano Cucchi

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Dopo la pausa estiva, riprende oggi il processo sulla morte di Stefano Cucchi, il romano di 31 anni fermato il 16 ottobre 2009 mentre stava cedendo sostanza stupefacente e morto una settimana dopo, il successivo 22 mattina, nella struttura di medicina protetta per detenuti dell'ospedale Sandro Pertini di Roma. Sei i testimoni sentiti oggi davanti ai giudici della III Corte d'assise di Roma, presieduta da Evelina Canale. Si tratta di tre medici e tre agenti della polizia penitenziaria che in quei giorni ebbero a che fare con Cucchi.   Le accuse. Sul banco degli imputati ci sono dodici persone: i sei medici che ebbero in cura il giovane (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti), tre infermieri (Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe) e tre agenti della polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici). I reati contestati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni, all'abuso di autorità, al favoreggiamento, all'abbandono di incapace, all'abuso d'ufficio e alla falsità ideologica. Secondo l'accusa, rappresentata dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, Cucchi fu picchiato nelle camere di sicurezza del tribunale di Roma in attesa dell'udienza di convalida del suo arresto, caddero nel nulla le sue richieste di farmaci, e in ospedale praticamente fu reso incapace di provvedere a se stesso e lasciato senza assistenza, tanto da portarlo alla morte.   La testimonianza del medico del carcere. Alla visita d'ingresso nel carcere di Regina Coeli, Stefano Cucchi fu collaborativo, ma presentava "ecchimosi alla zona sacrale, tumefazioni orbitali", e dolori "a causa, disse, di una caduta accidentale dalle scale". Per questo il medico del carcere, Rolando Degli Angioli, il 16 ottobre 2009, ritenne non compatibili le condizioni di Cucchi con il carcere e necessari accertamenti ospedalieri. "Cucchi stava male - ha detto Degli Angioli - io non avevo la possibilità di curarlo in carcere. La situazione era in evoluzione e poteva degenerare. Aveva difficoltà a sedersi perché sentiva dolori nella zona sacrale". Il dopo-visita presenta alcuni aspetti nebulosi. "Seppi che ebbe 25 giorni di prognosi e rimasi stupito del fatto che avesse rifiutato il ricovero - ha aggiunto il medico del carcere - e poi, accaduto il fatto, inizialmente scoprii che era stata presentata una richiesta di procedimento disciplinare nei miei confronti, mentre in seguito ricevetti un encomio per come avevo gestito il caso". "Fatto sta che un mese dopo, al ritorno dal viaggio di nozze, nessuno mi dava confidenza, mi dissero di non andare in ufficio perchè c'era una brutta aria. E adesso non ho più un posto di lavoro fisso". Gli agenti penitenziari. Sono stati poi sentiti due agenti penitenziari. "Curai l'accettazione di Cucchi - ha detto Massimo Furiglio. "Quando seppi che doveva andare in ospedale lo comunicai al superiore e fu chiamata l'ambulanza che arrivò dopo svariate ore". "Non essendo un caso urgente - ha precisato l'ispettore Roberto Latini - fu chiamata un'ambulanza convenzionata che arrivò qualche ora dopo per i tempi necessari a espletare le pratiche burocratiche e per l'indisponibilità logistica del mezzo". "Dopo la visita in ospedale, alla richiesta di sapere il perché del rifiuto del ricovero, Cucchi mi disse - ha aggiunto Furiglio che aveva l'osso sacro rotto, e che là o in carcere era la stessa cosa, almeno in carcere poteva fumare".   Il medico del Fatebenefratelli. "Visitai Stefano Cucchi due volte; aveva una frattura vertebrale e gli proposi di rimanere ricoverato da noi, con una prognosi di 25 giorni. Lui rifiutò dicendo: "Non voglio ricoverarmi, preferisco ritornare a Regina Coeli dove c'è il medico di cui mi fido, che sicuramente mi dà più giorni". Disposi che fosse trasportato in ambulanza perchè non poteva assolutamente deambulare". Lo ha detto, al processo per la morte del giovane Fabrizio Farina, il medico del pronto soccorso del Fatebenefratelli. Esaminò Cucchi il 16 ottobre 2009 (giorno successivo al suo arresto per possesso di droga) e il giorno successivo, quando fu portato in ospedale. "Il 17 ottobre rivisitai il paziente - ha aggiunto Farina - Era molto sofferente, i dolori aumentati e non riusciva a muoversi. Già prima del mio arrivo in ospedale era stato disposto il trasferimento del paziente al Sandro Pertini. Telefonai e mi confermarono che il posto letto era disponibile".   L'altro medico dell'ospedale. Circostanza, questa, confermata anche dal dottor Claudio Bastianelli, anch'egli del pronto soccorso del Fatebenefratelli, che accolse Cucchi in occasione del secondo arrivo in ospedale. "Chiese di essere ricoverato; lamentava un dolore alla schiena d'intensità superiore a quello del giorno precedente, tant'è che gli feci un antidolorifico, aveva un colorito rossastro sotto le orbite, ma a mio avviso non necessariamente era riferibile a un trauma". Per il medico, il ragazzo "necessitava di un ricovero, anche se non era in condizioni critiche, ma nel nostro ospedale non c'era posto". Ecco perché decise di mandare una richiesta di posto letto negli altri ospedali: "Credo che anche gli agenti della penitenziaria si siano interessati. Trovammo disponibilità alla struttura protetta del Pertini. Lì Cucchi fu portato; lì morì una settimana dopo il suo ricovero". Prossima udienza, il 4 ottobre.

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