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Simmi era pedinato da giorni La famiglia: non era un mafioso

Flavio Simmi

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Lo pedinavano da giorni. I killer di Flavio Simmi, il 33enne ucciso in Prati martedì scorso, lo tenevano sotto controllo da tempo. Avrebbero infatti seguito i suoi movimenti, gli orari in cui usciva da casa e dove parcheggiava la vettura. Insomma, secondo quanto verificato fino ad oggi dagli inquirenti, gli assassini del papà di due gemellini di un anno avrebbero preparato l'agguato nei minimi dettagli. E a sparare nove proiettili calibro 9x21 sarebbero killer professionisti «romani» e non personaggi della criminalità arrivati da fuori città per commettere il delitto. Ieri, intanto, è stata eseguita l'autopsia nell'istituto di medicina legale del Gemelli dal dottor Antonio Oliva. Dai primi risultati è emerso che Simmi è stato raggiunto da nove colpi, due dei quali sono usciti dal fianco sinistro. Gli assassini, infatti, avrebbero fatto fuoco dal lato passeggero un istante dopo che la moglie è scesa dalla Ford Ka per controllare la ruota che era a terra, lasciando così lo sportello aperto. La vittima ha fatto soltanto in tempo ad aprile la portiera del conducente, nel tentativo di fuggire, prima di cadere sull'asfalto senza vita. Una scena che è stata ripresa dalle telecamere che si trovano in via Grazioli Lante, dove era parcheggiata l'auto di Simmi. Gli investigatori hanno già visionato le immagini, dalle quali è stato possibile ricostruire tutta la dinamica della sparatoria. Dalle riprese è stato accertato che lo scooterone nero usato dai banditi per fuggire era rubato. Ma non è escluso che dall'esame di tutti i filmati possano emergere elementi in grado di portare gli inquirenti sulle tracce degli assassini. Gli interrogatori dei testimoni non si fermano. Ieri mattina sono stati ascoltati a piazzale Clodio dai procuratori aggiunti Giancarlo Capaldo e Pierfilippo Laviani, titolari dell'inchiesta insieme ai pubblici ministeri Maria Cristina Palaia e Marco Mansi, il padre Roberto e la mamma. I due hanno ricostruito gli ultimi cinque mesi del figlio, dal giorno della gambizzazione in piazza Maria della Pietà al giorno dell'omicidio. Anche le amicizie e i rapporti di lavori della vittima sono passati sotto la lente d'ingrandimento. Investigatori e magistrati credono infatti che Simmi sia stato ucciso in pieno giorno per qualcosa che ha commesso in passato e, comunque, per questioni legate agli affari di famiglia. Poco credito, invece, viene dato al movente passionale e quindi al rapporto sessuale avuto nel maggio 2005 con la moglie di un detenuto. «Nove colpi di pistola per un episodio di "corna" vecchio di sei anni non sono per niente giustificabili», hanno infine commentato in procura. Anche all'ipotesi che dietro il delitto ci siano criminali legati alla Banda della Magliana non ha trovato per ora conferme, ma potrebbe trattarsi di una criminalità «più giovane». «La famiglia ha ricostruito con gli investigatori tutto il passato di Flavio, le sue conoscenze, le sue amicizie e il suo omicidio non è di stampo mafioso - hanno detto i legali della famiglia, gli avvocati Silverio Sica e Francesco Anelli - Flavio non aveva appartenenze o legami di tipo criminale». Adesso gli inquirenti, che disporrano una serie di consulenze tecnico-balistiche per esaminare i bossoli trovati sull'asfalto per verificare se sono compatibili con altri delitti commessi negli anni nella Capitale, stanno puntando l'attenzione anche su un possibile regolamento di conti legato ad attività illecite come il riciclaggio di denaro.

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