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La Polverini forse spiata da una stanza vicina alla sua

Il presidente della Regione Lazione Renata Polverini

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Ora l'aspetto più importante è capire qual era il raggio d'azione delle microspie e della microcamera. Gli investigatori che stanno esaminando le «cimici» scoperte negli uffici della Regione Lazio stanno cercando di stabilire qual era la distanza massima di ricezione delle apparecchiature elettroniche. Perché è così importante accertare quest'aspetto investigativo? Per capire se gli «spioni» hanno ascoltato le conversazioni del governatore Renata Polverini e del suo staff proprio sotto gli occhi di chi veniva intercettato. Le apparecchiature sequestrate, infatti, per permettere la registrazione delle conversazioni, si sarebbero dovute trovare a poca distanza dallo spione. Quindi, non è escluso che chi «rubava» i colloqui nella Regione si trovasse davanti all'ingresso della sede in via Cristoforo Colombo oppure, nella peggiore delle ipotesi, addirittura in un'altra stanza della Regione. Ma cosa volevano ascoltare? Il piano rifiuti oppure conoscere prima i decreti sulla sanità? Proprio per questo, stamattina il pubblico ministero Nicola Maiorano effettuerà un sopralluogo delle stanze dove sono state scoperte le microspie per capire come è strutturato l'edificio, quali sono i punti di accesso e vedere dove sono state installate le tre «cimici» e la microcamera. Il magistrato ha inoltre chiesto agli investigatori di identificare la tipologia, la casa produttrice e la durata delle batterie dei congegni elettronici. Uno di questi, secondo le prime analisi tecniche, non sarebbe stato installato recentemente. Al momento i reati ipotizzati dalla procura sono installazione abusiva di apparecchiature idonee ad intercettare e interferenza illecita nella vita privata. Chi indaga, comunque, sembra al momento escludere un nesso tra la storia delle microspie e i due tentativi di furto nell'abitazione del presidente della Regione, Renata Polverini. Intanto, mentre gli investigatori ascoltavano i dipendenti della ditta che si occupa della vigilanza interna alla Regione, nel palazzo della Pisana, dove si trova il Consiglio regionale, veniva svolta una bonifica degli uffici. «Abbiamo provveduto a fare una bonifica ambientale alla Pisana. Risulta che non abbiamo spioni», ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, in merito a una ispezione sulla presenza di eventuali microspie nella sede della Pisana. E ancora: «Non ho ancora sentito Renata Polverini, che ha la mia totale solidarietà che sarà espressa anche durante i lavori del Consiglio regionale. È giusto che nell'assemblea ci sia un momento di solidarietà generale perché fatti del genere non fanno bene alle istituzioni. Spero che queste situazioni non si verifichino più». Non sono mancate ieri accuse ad alcuni dirigenti della Regione da parte dei sindacati. Il segretario territoriale della Fisascat-Cisl, Mauro Brinati, infatti, ha depositato in procura un'informativa sulle intrusioni sospette avvenute le notti del 3 e del 18 marzo negli uffici della Regione Lazio da parte di persone sconosciute che si sono intrattenute per alcune ore negli uffici della Presidenza. Nell'informativa, ha sottolineato Brinati, si sostiene che il «braccio destro della Polverini, Luca Fegatelli, era a conoscenza dei fatti». «E sempre Fegatelli (direttore del Dipartimento Istituzionale e territorio, ndr) - ha aggiunto Brini - ha disposto il trasferimento dei vigilantes che poi hanno raccontato ai sindacati quanto è avvenuto nelle due notti in cui sono avvenuti gli accessi. Ovviamente Fegatelli non era l'unico a saperlo». La governatrice, in merito, ha esclusivamente affermato che «Fegatelli è un dirigente della Regione». «Io non ho il potere di spostare nessuno», ha infine risposto Fegatelli.

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