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Le coop non vogliono la Cri nei campi

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Maanche al nono mese, l'assessore alle Politiche sociali di Roma Capitale, Sveva Belviso, non schioda. Ed ecco la sentenza. «I presidi socio educativi presenti all'interno dei campi (nomadi) attrezzati saranno gestiti dalla Croce Rossa Italiana (Cri)» ha detto Belviso. «Accogliamo positivamente, tuttavia, la disponibilità delle cooperative a valutare un'eventuale collaborazione con la Cri così come proposto dall'Amministrazione capitolina» ha spiegato l'assessore dopo l'incontro, seguito al quinto dipartimento del Comune con le associazioni e le cooperative impegnate nei campi nomadi. «In virtù di tale apertura - ha aggiunto Belviso - l'Amministrazione ha deciso di ritardare di dieci giorni l'entrata di Croce Rossa all'interno nei campi in modo da favorire un dialogo costruttivo con le cooperative». Ma che volevano le coop? Mantenere lo status quo è stata la risposta. Tentando di coinvolgere anche i nomadi nella protesta, cui hanno messo gli striscioni di contestazioni in mano. «Ma i nomadi quando sono scesa in strada erano pochissimi» spiega l'assessore. E non tutti gli operatori sociali presenti lavorano nei campi, solo una piccolissima percentuale. Cosa chiedevano? Obbligare la Cri ad assumere esclusivamente gli operatori sociali che stavano nelle cooperative. E non vogliano la Croce Rossa nei campi, ma che resti tutto com'era. Invece l'obbiettivo, spiega Belviso, è «una discontinuità rispetto al passato». Soprattutto davanti all'assenza di risultati. «Non hanno portato l'integrazione, dopo 10 anni i nomadi sono ancora nei campi e non è stata favorita l'autonomia». Ma per chi vuole collaborare porta aperta, soprattutto alle professionalità.

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