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Il padre e lo straniero a confronto con i figli

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Perfarlo ha scelto un tema che spesso ha mostrato di sentire con sincerità, quello dell'amicizia virile, come, ad esempio, in "Canone inverso" e, prima, in "Ultrà" e ne "La scorta". Lo spunto gliel'ha offerto un romanzo che Giancarlo De Cataldo ha scritto una decina di anni fa, "Il padre e lo straniero", intitolato come adesso il suo film. Si comincia con Diego, impiegato sui trentacinque anni, afflitto, fin dalle prime immagini, da una realtà molto dolorosa, la disabilità di un figlio di otto anni che, sostituendosi alla moglie, si impone qualche volta di andare a prendere all'uscita di un centro di riabilitazione. Imbarazzato, però, se deve toccarlo, abbracciarlo, accudirlo. Un giorno, sulla stessa panchina su cui aspetta il bambino viene a sedersi un arabo molto distinto in attesa anche lui di un figlio egualmente disabile. Il suo comportamento come padre è molto diverso da quello di Diego; è tenero, affettuoso, quasi materno, non tardando ad affermare che quel bambino è la luce dei suoi occhi e finendo presto, quando i due cominceranno ad essere amici, per influenzare positivamente Diego pronto adesso a diventare a sua volta un padre amoroso così dedito al figlio da rischiare per lui di compromettere persino il suo lavoro. A questo punto, però, la vicenda s'ingarbuglia accogliendo situazioni in equilibrio fra il poliziesco e l'avventuroso, cariche di interrogativi, di tensioni e di misteri. In mezzo comunque continuano a ottenere spazi, anche se ora più tormentati e saltuari, i sentimenti di Diego per lo straniero, ai quali, chiarite molte cose, si aggiungerà alla fine il suo sempre più convinto e saldo rapporto con quella che, all'inizio, sembrava solo la sua "difficile" famiglia. Il poliziesco può non convincere, specie quando si dilata un po' troppo nel racconto, ma certamente conquista (e forse anche un po' commuove) quel personaggio che, grazie all'amicizia, non solo ritrova l'amore per la moglie, ma anche un legame più forte e più profondo per quella creaturina infelice cui prima guardava con distacco. Gli dà vita Alessandro Gassman ora con accenti risentiti ora prodighi di sottili sfumature. Una delle sue interpretazioni migliori. Ancora una volta da premio.

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