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Questo lago dei cigni ha un'orchestra senz'anima

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Erain fondo il primo appuntamento del balletto del Teatro dell'Opera nuova gestione con un grande capolavoro della coreografia tardoromantica. Per di più invece dell'annunciato nuovo adattamento di Attilio Labis ballato anche dalla Fonteyn, si trattava di un apprezzato riallestimento di Galina Samsova del 2003 già visto ed applaudito, con tanto di Sua Levità Carla Fracci nei panni di una Regina Madre, talora persino immotivatamente un poco ingombrante. E l'esame è stato superato a pieni voti anche se senza lode. Dicasi inanzitutto tutto il bene possibile dell'allestimento (scene stupende di Aldo Buti) con una luna che inargenta il lago solcato da una lugubre isola di cipressi: un colore sepolcrale caro a tanta poesia romantica tedesca. Appena sufficiente la prova dell'orchestra capitanata con energia ma senz'anima dal russo Anikhanov, ma l'interpretazione del corpo di ballo sembrava mancare un po' di smalto e precisione (per tutti bastino i quattro millimetrati cignetti un po' maldestri). Gli stessi ospiti non sono parsi stelle di prima grandezze come era da attendersi alla vigilia: elegante il cubano Carreño, volenterosa la ucraina Dvorovenko più dotata nel ruolo lirico di Odette che in quello temperamentale di Odile. Accettabile il Rothbart di Damiano Moingelli. Senza dire che all'appello finale mancano sempre sei cigni (essendo 24 quelli di prammatica per una grande produzione come quelle dell' Opéra di Parigi). Resta la magia dell'impatto scenico, visivo, curatissimo nelle luci, nelle scene da favola, nelle musiche evergreening di Ciaikovsky. Lo spettacolo regge bene, ma forse qualche cura maggiore nei dettagli stilistici non potrà che giovare. Per il pubblico tuttavia sempre una festa ed una occasione unica di fascino per spezzare la monotonia della quotidianità.

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