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Un referendum sul sofà di via Giulia

Roma, veduta dall'alto

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Via Giulia non cambierà volto. Riempirà un vuoto. Quello tra le carceri nuove e il liceo Virgilio dove gli edifici vennero sventrati negli anni '30. Per via Giulia il sindaco ha chiamato a raccolta sette famosi architetti, ciascuno con un progetto «gratuito» ha precisato Alemanno durante l'incontro all'Ara Pacis. Quale tra queste idee sarà la migliore o la più praticabile si vedrà dopo «la consultazione popolare per capire il sentimento della gente. Poi, le proposte degli architetti e il risultato del referendum - dice il primo cittadino - saranno la base per dare le linee guida a una gara fatta dal concessionario e quindi improntata su criteri di trasparenza perché quando si tocca un bene come il centro storico di Roma non si può sbagliare». Del resto le polemiche che ancora si rincorrono sull'Ara Pacis sono lì a testimoniare la necessità di una condivisione, non a maggioranza, ma la più ampia possibile. Mettere le mani su via Giulia significa entrare con passo lieve nella storia più nobile della città eterna, dove Palazzi e chiese testimoniano un passato prestigioso. Basti pensare che quando i detenuti da Tor di Nona vennero spostati alle carceri in via Giulia, i nobili fecero aprire nuovi ingressi affinché nei palazzi si entrasse da un'altra parte. Ora su via Monserrato, ora su lungotevere. Probabilmente via Giulia fu l'ultima strada che Giordano Bruno vide prima del rogo allestito nella vicina Campo de' Fiori. Lunga poco più di un chilometro racchiude una infinità di stili architettonici, palazzi imponenti, chiese, storia e tante curiosità. A cominciare dal fatto che via Giulia diventò tale per volontà del papa Giulio II che fece "raddrizzare" la via già esistente: la Magistralis. Una operazione affidata al Bramante che fece abbattere edifici in ambo i lati. Il papa voleva sulla stessa strada anche un tribunale: Bramante ne gettò le basi. Il tribunale non venne mai realizzato ma le fondamenta sono ancora visibili e spuntano da un palazzo a livello della strada. Sembrano dei sedili e come tali utilizzati dai romani che l'hanno battezzato il «sofà di via Giulia». Tra le caratteristiche della strada, che ospita soprattutto antiquari e show room di designer, l'Arco dei Farnese costruito per unire il Palazzo alla Farnesina, al di là del Tevere (attuale sede dell'Accademia dei Lincei). Il progetto di Paolo III era ambizioso e prevedeva un ponte personale sul fiume. Anche in questo caso non se ne fece nulla e l'arco rimase orfano ma in compenso regalò un tocco romantico alla strada. Citata nel film il Marchese del Grillo è la fontana del Mascherone. Nella pellicola di Monicelli, il Mascherone è la vigna del marchese (Alberto Sordi), nella realtà è la fontana dalla quale usciva il vino nelle feste organizzate dai Farnese. Il Mascherone è d'origine romana e raffigura un grosso testone a bocca aperta e fu utilizzata dai Farnese come abbeveratoio pubblico dopo che avevano ottenuto l'acqua necessaria per le due vasche che ancora oggi abbelliscono piazza Farnese. Se l'Arco e il Mascherone sono i simboli riconoscibili di una estremità della strada, dall'altra c'è la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini. L'unica dove alla messa si può andare con il cane in ossequio alla tradizione introdotta dallo storico parroco monsignor Canciani, scomparso anni fa. Una chiesa con insospettabili tesori. Come il Museo delle reliquie che custodisce il piede della Maddalena e opere d'arte come il San Giovannino opera giovanile di Michelangelo. Via Giulia ha molte incompiute nel suo passato, il ponte mai realizzato e il prolungamento della strada fino in Vaticano. Un destino che speriamo non diventi condanna eterna.

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