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L'inglese si impara con le mani

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Scuole medieAll'Alfieri e al Petrassi due modi innovativi dedicati ai ragazzini

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.Oggi l'inglese si impara giocando con le mani. I bambini di due scuole medie ai Parioli e al Fleming lo fanno già. All'Alfieri di via Salaria e al Petrassi di via Nitti due insegnanti intraprendenti hanno deciso di aiutare i piccoli alunni ad apprendere una nuova lingua facendoli divertire. In 20 lezioni parlano l'inglese come se avessero studiato per tre anni. Certo, il libro di testo non va in soffitta, ma viene affiancato dalla conversazione con le mani. Paola Reggio e Anna Piermattei sono due giovani professoresse che hanno inventato il cosidetto «handmade english», l'inglese fatto con le mani. La mente associa il linguaggio ai gesti e i bambini apprendono più in fretta. L'anno scorso l'Unione europea ha premiato le due insegnanti romane con il Label per le lingue, il premio per i progetti più innovativi e creativi d'Italia. Il sistema è semplice: gli ausiliari dei verbi si dividono in due gruppi: quelli che si scambiano («swap») e quelli che cadono («drop»). I primi (have+participio passato, will+verbo, be+ing) sono accompagnati da due dita della mano alzate in segno di vittoria, i secondi (do, does, did) vengono rappresentati con la mano aperta. La «s» della terza persona singolare, invece, viene raffigurata con la mano che disegna un serpente. Per capire il sistema basta fare un salto alla scuola Alfieri. I bambini della IA e della IE sono entusiasti: «Pensavamo fosse noioso imparare l'inglese - racconta Laura - invece ci divertiamo. E associare le frasi ai segni con le mani ci aiuta». La professoressa Paola Reggio alza le mani e indica le frasi da formulare, i bambini rispondono in coro come se stessero affrontando un videogioco difficilissimo, attenti a non commettere il minimo errore. Reggio ha introdotto anche dei metodi che stimolano i bambini a imparare nel minor tempo possibile: «Dopo una serie di prove scritte senza errori i ragazzi possono passare all'esercizio orale. Altrimenti devono affrontare un surplus di test scritti». Ma un altro aspetto originale è che i bambini che apprendono prima fanno da «tutor» ai compagni che sono rimasti indietro con il programma. Un espediente che funziona: l'alunno che ha avuto più difficoltà in poco tempo colma le proprie lacune. Alberto ha 11 anni ed è di madrelingua inglese. Siede al primo banco ed è molto soddisfatto: «All'inizio ho avuto difficoltà ad associare la grammatica ai gesti perché a me parlare inglese veniva spontaneo. Poi però ho capito l'importanza di questo metodo e oggi comprendo ancora meglio la mia lingua».

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