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"Avevo le doglie, visitata dopo 5 ore"

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«Sono distrutta, il mio Cristian era vivo, l'ho sentito muoversi nella pancia fino a prima dell'anestesia». Maria Grazia Pira è la mamma del bambino nato morto mercoledì con parto cesareo al San Camillo. Era il primo figlio di questa ragazza mora di 30 anni, originaria di Orosei, che conserva la dolcezza delle donne sarde anche nel dolore. L'abbiamo incontrata ieri mattina nel reparto di Ginecologia, dove è stata trasferita «per evitarle la sofferenza di vedere le altre mamme felici» spiegano i medici. Quando gli abbiamo chiesto di incontrare Maria Grazia, ci hanno accompagnato subito al suo letto. Maria Grazia, mercoledì doveva essere un giorno felice? «Sì, invece, verso le 16.30, un'ora e mezza circa dopo il parto cesareo, avvenuto verso le 15, ci hanno detto che il nostro bambino aveva avuto un arresto cardiaco. Noi non incolpiamo nessuno, ma abbiamo il diritto di sapere cosa è successo». Quando sarebbe dovuto nascere Cristian? «L'8 ottobre (ieri, ndr) finivo il tempo. Non sono stata seguita dal San Camillo ma lo avevo scelto per il parto per la sua buona fama. Due giorni prima che scadesse il tempo, a 39 settimane e 5 giorni, mercoledì mattina alle 5.30 mi sono venute le doglie. Ho chiamato la mia ginecologa e mi ha detto di andare in ospedale. Verso le 8 ero già lì, con la valigia in mano. Non mi aspettavo un cesareo perché ho avuto una gravidanza senza problemi». Cosa è successo? «Sono arrivata al Pronto soccorso ginecologico, saranno state le 8.10. Sono dovuta entrare da sola, mio marito è rimasto fuori, ma comunicavamo col cellulare. Mi è stata misurata la pressione e basta. Non sono stata visitata immediatamente, ma avevo detto di avere le contrazioni. Solo verso le 11.30 hanno iniziato a farmi il monitoraggio. Prima di me sono state monitorate le persone che avevano i controlli programmati con il cup regionale. Io avevo 8 persone davanti, calcolando un minimo di mezz'ora-40 minuti a monitoraggio, siamo arrivati alle 11.30. Passavano infermieri e i medici, chiedevo ma nessuno sapeva niente. E intanto telefonavo a Ciro».  E dopo? «Dell'esito del monitoraggio non hanno detto nulla e nemmeno a Ciro. Il monitoraggio è durato 40 minuti, ed è finito alle 12.10 circa. Ho aspettato un'altra mezz'ora e avevo le contrazioni sempre più frequenti e più forti. Mi hanno finalmente fatto la visita con l'ecografia, dicendomi di mettermi la camicia da notte con le ciabattine perché saremmo andati in sala parto. S'era fatta più o meno l'1.30. Ciro va in auto a prendere la valigia e sale con me e un'infermiera in ascensore. Pensavamo ad un parto naturale. Vado su e mi mettono in sala travaglio, con il monitoraggio attaccato. E dopo 20-25 minuti è venuto un dottore, dicendomi che avremmo fatto il cesareo perché non gli piaceva il tracciato. Erano le due meno 20. Mi hanno portato vicino alla camera dove operano, fatto la flebo, con tutti i controlli è passata circa un'ora. L'anestesia verso le 3 meno un quarto del pomeriggio». I tempi sono quelli comunicati dall'ospedale? «Sì, dicono che è il cesareo è stato fatto alle 15.05. Ma i miei familiari non erano stati informati. Anzi Ciro pensava di entrare con me per assistere al parto naturale. Ma l'hanno bloccato sulla porta dicendo che quando era il momento lo chiamavano loro. Del cesareo l'ha saputo per caso da un'anestesista, e solo perché gli aveva chiesto la documentazione clinica. Ciro gli ha chiesto come stavo. E lui ha risposto: "la stiamo preparando al cesareo, il medico non l'ha avvertita?". Gli ha detto di no. Solo dopo 10 minuti è venuto un medico spiegando che "il tracciato non era rassicurante" e "serviva un cesareo". Un'ora e mezzo dopo abbiamo saputo che Cristian era morto».

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