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Schiavi cinesi sarti per l'alta moda

I carabinieri nel seminterrato dove lavoravano i cinesi

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Una sartoria con 50 cinesi, uomini e donne, che confezionavano abiti per una griffe della moda. Quella di buona fattura con la targhetta made in Italy. È uno scorcio di Gomorra nella capitale. Venerdì pomeriggio a Tor Vergata, in via Montemesola, in uno scantinato i carabinieri hanno scoperto il laboratorio tessile con cinquanta postazioni di lavoro. All'interno, al momento dell'irruzione i militari hanno trovato solo otto cinesi. Quattro sono stati arrestati, gli altri denunciati. In manette due orientali ritenuti i gestori dell'attività: un uomo di 29 anni e una donna di di 35. E anche un'altra coppia, di 29 anni lui e 24 lei, perché in Italia nonostante il decreto di espulsione. Tutti e otto risultano provenienti dallo Xinjiang, regione sudorientale della Cina, patria del 90 per cento dei cinesi nella penisola e a Roma. Inoltre, i militari hanno trovato trecento vestiti già confezionati, pronti per essere messi negli scatoloni e portati a destinazione. Secondo una prima ricostruzione, i due gestori cinesi avevano ottenuto l'incarico di cucire gli abiti della griffe su commissione di un intermediario di San Cesareo, titolare di una azienda tessile, che a sua volta si era aggiudicato l'ordinazione dalla casa di moda. I carabinieri della Compagnia di Frascati stanno passando le carte al setaccio. La griffe si è affrettata a prendere le distanze inviando una lettera nella quale si dice estranea alla vicenda, e soprattutto all'oscuro del fatto che la produzione degli abitati era nelle mani dei cinesi. A sua volta, l'intermediario di San Cesareo assicura che sarà in grado di spiegare tutto: fornirà i documenti e dimostrerà che è tutto in regola. A colpo d'occhio l'impressione è un'altra. Una decina di giorni fa i carabinieri vengono informati dai residenti del complesso che in quegli scantinati dei cinesi lavorano senza sosta. I militari si appostano, osservano e riscontrano. C'è un viavai di furgonicini, guidati anche questi da cinesi, che arrivano in via Montemesola, scaricano stoffe e altro materiale e caricano gli scatoloni con gli abiti confezionati. Venerdì pomeriggio il blitz. Il locale è molto ampio. Al centro ci sono le cinquanta macchine da cucire. Ai lati dei corridoi ricavati con pareti di compensato. Dietro una fila di materassi matrimoniali. Non c'è bagno, né cucina. In cima ai giacigili di fortuna c'è il letto dei due gestori, che si concedono l'agio di un frigorifero. In fondo lo spazio è destinato a magazzino: su un lato di materie prime (steoffe, bottoni e altro), a destra di abiti già confezionati, appesi alle stampelle o già messi negli scatoloni. Ora anche gli ispettori della sl visiteranno lo scantinato.

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