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Frati: via i rami secchi dalla Sapienza

Il Rettore de La Sapienza Luigi Frati

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Gli spettri dei prof fannulloni alla Sapienza, rievocati in questi giorni dal rettore Luigi Frati («non fanno ricerca dunque rubano lo stipendio e vanno cacciati dall'università») svolazzano tra i vialetti infuocati dell'Ateneo. L'uscita «pubblica» del Magnifico che ha pure sciorinato dati e percentuali, non è piaciuta (più per le modalità che non per la sostanza sulla quale concordono tutti) ai docenti e ricercatori che in questa settimana sono «in assemblea permanente» contro il ddl Gelmini. Luigi Frati intanto è momentaneamente volato a Londra, lontano dall'aria avvelenata che ristagna nel suo ateneo ma certo la questione non s'esaurisce qui. Anzi diciamo che è solo alle battute iniziali. Rettore Frati vorremmo avere qualche notizia in più sui docenti fannulloni della sua università  «Prima di tutto non ho mai pronunciato quella parola: fannulloni. Non è un'espressione che ho mai usato. Io l'altro giorno ho semplicemente parlato di professori della Sapienza che non hanno prodotto ricerca. Naturalmente il termine ricercatore va inteso come funzione non come ruolo in quanto stavo parlando di attività scientifica: in questo senso tutti i professori e i ricercatori universitari, sono dei ricercatori in quanto fanno anche ricerca». Lei ha anche dato delle percentuali... «Ho detto che il 30% dei professori di Giurisprudenza non fa ricerca. Ma a questo proposito vorrei anche sottolineare che il rimanente 70% della categoria lavora egregiamente, qualifica e valorizza la facoltà. E ci tengo a precisarlo» E gli altri che non producono ricerca? «Un 15 per cento è a Medicina/1. Sono docenti che svolgono più assistenza ospedaliera che didattica e ricerca. Per questo dovrebbero essere stipendiati da altri, non da noi. Gli altri sono dislocati nelle altre facoltà ma con valori bassi, al di sotto del 5%. Ma in generale si tratta di ricercatori scoraggiati che da anni non vedono un riconoscimento verso una seconda fascia docente». Questa sua denuncia pubblica non è stata molto apprezzata da alcuni docenti e ricercatori dell'Ateneo? «La mia è un'operazione di trasparenza, un atto dovuto per quella maggioranza che produce e dà i frutti contribuendo a rendere la Sapienza un'università tra le più prestigiose. Io mi muovo su due fronti trasparenza e premialità. Presto assumerò cinque ricercatori nei dipartimenti che risulteranno i migliori. I rami secchi vanno tagliati, facciamo pulizia a casa nostra per avere più potere morale. Il criterio che ci ispira è uno solo: premiare il merito. Ad esempio quando a Medicina ho dovuto tagliare i primariati da 210 a 140 ho operato solo attraverso indicatori di qualità sull'attività, la didattica e l'assistenza».

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