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Largo a Mario il barbiere Figaro del centro storico

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Manmano che crescevano, se ne toglieva uno. Poi via l'altro. Il signor Mario Uva ne ha tolti tanti di cuscini. Lui fa il barbiere da quasi trent'anni nella bottega in via Colonna Antonina, alle spalle di piazza Colonna. Ne ha visti crescere tanti di bambini. Oggi, a 64 anni, può dire con certezza di essere uno dei pochi a conservare la tradizione di un mestiere antico. «Barba e capelli» si sentiva ripetere la domenica mattina quando lavorava come garzone del barbiere del paese, a San Mango sul Calore in provincia di Avellino. «La domenica era giorno di barba - ricorda - al tempo i "grandi signori" avevano ancora l'idea dell'ordine e della pulizia». Il signor Mario ha cominciato a lavorare dopo la quinta elementare. All'epoca non c'era nemmeno l'acqua calda, si andava a prendere alla fontana e si scaldava. Fin da piccolo ha rubato con gli occhi il mestiere. La sfumatura, il taglio a forbici e quello «all'umberto», la vecchia spazzoletta, spiega Mario. E poi a fare la barba con il classico rasoio a mano, la cosa più complicata. «Oggi i giovani non sanno neanche come si maneggia, con i rasoi elettrici si sentono tutti parrucchieri». Si cominciava così, da bambini, provavi con la prima barba e se non tagliavi la guancia del cliente ti guadagnavi la fiducia del titolare. E la paghetta a fine mese. Con i primi soldi Mario è andato via dal piccolo paese di provincia per lavorare fuori città. Prima ad Avellino, poi a Potenza e Pordenone, fino in Inghilterra, vicino Brighton. «All'estero non c'è professionalità. Quando passano i turisti qui davanti fanno le foto perché non hanno mai visto un barbiere vero». Il negozio di via Colonna Antonina sta lì da ottant'anni. Mario è l'ultimo di tre proprietari. Ne ha voluto conservare il fascino di una volta. «Uso ancora il vecchio "Floid"». Il classico dopo barba dei primi anni Cinquanta dalla fragranza rinfrescante simile al borotalco. In tutti questi anni il signor Mario ha visto cambiare tanti Governi. Dalla vicina Camera dei deputati venivano a farsi i capelli i socialisti Gianni De Michelis e Lelio Lagorio, ma anche molti della Dc. Come Carlo Donat-Cattin. «Mi ricordo che mentre i suoi colleghi andavano alla Camera lui per protestare veniva a farsi la barba qui». Oggi le barbe non si fanno quasi più. «Vanno tutti di fretta». Prima il barbiere era un luogo di ritrovo dove incontrare gli amici e leggere il giornale. «Era come un confessore - dice Mario - oggi è diventano uno psicologo. Sembrano tutti matti». Segno dei tempi che cambiano. Mario, invece, vuole mantenere le tradizioni. Nel suo negozio, la domenica mattina si sente ancora il profumo del «Floid», come nelle vecchie botteghe dei barbieri degli anni Cinquanta.

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