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Uno stipendio a romeni? No, datelo ai pensionati

Sono 3400 i romeni che vivono in totale povertà

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«Ma come, 200 euro a loro? E a noi chi ce li dà? In Italia c'è chi 200 euro al mese neanche li guadagna, magari ha pure studiato...». È questo il parere di Michele, operaio di 48 anni, riguardo il progetto presentato venerdì dal sindaco Gianni Alemanno, che, in visita ufficiale a Bucarest, ha proposto un contributo pari a 200 euro mensili per per agevolare il rientro in patria dei cittadini romeni residenti nel Lazio (160 mila in totale, di cui 3400 in condizioni disagiate) che desiderano tornare a casa. Secondo Massimo è «una grande fesseria» che «peserà ancora di sulle nostre già povere tasche». In molti, invece, puntano sull'integrazione, come Daniele: «La proposta non va bene, bisogna investire quel denaro sull'integrazione e formazione». Tra i contrari c'è anche chi, come Alessandra, ritiene il piano del sindaco «una forma di elemosina» e altri, che si oppongono categoricamente: «Mia nonna prende 500 euro al mese di pensione - dice Mattia - ma lei ha lavorato in Italia, nel suo paese, per tutta la vita, senza fare male a nessuno. Perché non li aggiungono alla sua pensione quei soldi?». Ma c'è anche chi trova interessante l'idea, anche se con alcune riserve. «Mi sembra giusto - dice Serena, 31 anni - tanti romeni sono qui senza fare niente, perché sprovvisti di titolo di studio e senza conoscenze tecniche. Magari a casa loro, con quei soldi, possono dare un senso alla propria vita». Roberto chiede sicurezze: «La proposta va bene, ma chi ci dice che poi non intascano i soldi e ritornano? Servirebbero controlli accurati e, forse, troppo costosi». Altri scenderebbero in campo in prima persona per «aiutare» i cittadini romeni a tornare a casa: «Se fosse per me aggiungerei 200 euro di tasca mia - scherza Giuseppe, autista di 51 anni - così facciamo 400 in totale e magari non tornano più in Italia». Secondo Lorenzo, promoter di 35 anni, è centrale la formazione: «So che il progetto prevede anche una formazione professionale. Bene così, altrimenti se tornano a casa e non sanno fare niente, alla fine ritornano e si dedicano al crimine». Intanto continua la missione di Alemanno a Bucarest. Ieri, il sindaco ha speso parole in difesa del popolo romeno, chiarendo che «non bisogna identificare la Romania con Mailat», riferendosi all'autore dell'omicidio di Giovanna Reggiani, avvenuto nel'ottobre del 2007 nei pressi della stazione di Tor di Quinto. Il sindaco ha poi manifestato l'intenzione, di comune accordo con il sindaco di Bucarest Sorin Oprescu, di creare una struttura di assistenza per romeni a Roma. Una sorta di punto di riferimento per dare e ricevere informazioni anche di natura medica e legale ai romeni residenti nella Capitale. Un'iniziativa ben accolta dal primo cittadino di Bucarest, che ha definito il progetto «una specie di call center umano». Call center che è già disponibile nella Capitale, al numero 060606, ma che secondo Alemanno necessita di un potenziamento. Chi non ha accolto con favore le proposte del sindaco è Francesco Storace. L'ex presidente della regione ieri ha lanciato una frecciata a Alemanno: «Oltre a offrire quattrini ai romeni, sarebbe opportuno che dal sindaco venisse un segnale di solidarietà ai consiglieri municipali. Chi è eletto e lavora per la comunità cittadina non deve essere offeso dal governo».  

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