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Abbigliamento, crisi senza freni

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Commercio Nei primi 5 mesi del 2009 hanno chiuso 1200 negozi

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Chesi vanno ad aggiungere ai tre mila che hanno abbassato le saracinesche nel 2009 soltanto nella capitale (4.300 in tutto il Lazio), per un totale di 15 mila posti di lavoro in meno nel settore, fra ex titolari, collaboratori familiari e dipendenti, in poco meno di un anno e mezzo. È questa la triste fotografia del commercio capitolino scattata dalla Confesercenti, che lancia un ultimo appello: «Se qualcuno non decide di intervenire per arginare questa crisi - spiega il presidente Valter Giammaria - la tradizione del piccolo negoziante con la sua attività storica rischia di scomparire». Il malessere della categoria è alto e la speranza che la situazione possa cambiare molto flebile. Chiudono soprattutto negozi di abbigliamento (almeno il 70%), schiacciati dalla concorrenza dei centri commerciali, ma spariscono a poco a poco anche le antiche botteghe artigiane. Su fronte botteghe storiche il delegato del centro storico Dino Gasperini ha dichiarato tutto l'impegno dell'amministrazioneper la tutela delle attività d'eccellenza. Al posto dei negozi che chiudono sorgono attività in franchising o piccole imprese gestite da imprenditori stranieri oppure, e accade sempre più spesso, niente, visto che gli affitti sono sempre più elevati e pochi in questo momento di crisi se la sentono di rischiare ad avviare un'attività. «La situazione è drammatica per l'abbigliamento - incalza Giammaria - di questi 1.200 negozi che hanno chiuso da gennaio più della metà fanno parte di questo comparto. I consumatori sono costretti a tirare la cinghia e tra le prime spese che sacrificano c'è il vestiario, magari preferendo mercatini o bancarelle, oppure i centri commerciali». Nel frattempo «continuano ad aumentare le tasse, gli affitti, e i negozianti non possono certo scaricare questi costi sui clienti, sarebbe un suicidio». Non resta in molti casi che tirare i remi in barca e dichiarare fallimento. Chi non molla rischia di indebitarsi e se la banca non basta ci si rivolge all'usuraio. Anche in questo caso le cifre della Confesercenti sono allarmanti: i piccoli prestiti sarebbero in crescita dell'11,2%, le procedure di fallimenti e le difficoltà di incasso sulle forniture del 19%. Poi c'è il crollo degli investimenti, -20%, dei leasing, -18%. Una situazione che incide sul fenomeno usuraio con 28mila commercianti coinvolti nel Lazio per 3,3 miliardi di euro. Dam. Ver.

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