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Più bebè grazie agli immigrati

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Nel Lazio torna a crescere. In senso demografico. Dopo il minimo storico toccato negli anni Novanta, infatti, le nascite sono in aumento. Nel 2008 i nati sono stati 55.394. Il costante decremento della natalità riscontra così un'inversione di tendenza, anche grazie al fenomeno dell'immigrazione con un tasso di natalità del 10,2 per mille abitanti. Secondo i dati di Asp-Laziosanità, aumentano del 7% i nati prematuri tra le 32 e le 36 settimane, così come aumentano i parti plurimi (nel 1982 rappresentavano l'1,4%, nel 2008 il 3%). Cresce l'età media delle neomamme (il 34% ha più di 34 anni) e si riducono le nascite da madri under 20 (solo l'1,4%). Aumenta in modo consistente la quota di donne al primo figlio con età superiore a 30 anni (nel 1982 il 17%, nel 2008 il 62%). I parti da donne straniere (nel 1994 il 6%), sale al 21%, con le coppie romene tra le più feconde. In forte crescita il cesareo: fra i nati vivi la proporzione passa dal 22% del 1995 al 43% (44% se si considerano anche i parti plurimi). A ricorrere maggiormente (79%) al cesareo sono le strutture private non accreditate, mentre diminuisce la degenza in ospedale delle neomamme (1-2 giorni col parto vaginale, 3 giorni col taglio cesareo). Diminuisce notevolmente, infine, la mortalità infantile: si passa da 8,4 per mille nati vivi del 1987 a 3,4 per mille. Tra le maggiori cause di mortalità infantile la prematurità (33,5%) e le malformazioni congenite (31,3%). Intanto, è allarme per i posti di Terapia intensiva neonatale per i parti gemellari, in aumento in tutta Italia. Nel Lazio mancano venti posti letto. A lanciare l'allarme è stato Mario De Curtis, direttore dell'Unità di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Umberto I. I gemelli, sottolinea De Curtis, spesso nascono prematuri e con un peso basso, inferiore a 1,5 kg. Per la mancanza di posti letto «si verifica il paradosso per il quale le madri che hanno portato avanti gravidanze a rischio o gemellari, dopo aver partorito, vedono trasferiti i loro bambini in altri ospedali».

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