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Dietro ai nomadi le coop

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Roma, campi nomadi

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Non sono i nomadi che non vogliono andare via dai campi della vergogna. «Le cooperative sociali aizzano i nomadi incitandoli alla protesta - ha detto l'assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, Sveva Belviso -. Invece di dare una mano, ad ogni sgombero remano contro. Soprattutto quelle che gestiscono la scolarizzazione nei campi tollerati, perché sanno che quando i nomadi saranno trasferiti nei campi autorizzati non avranno modo di lavorare in quelle strutture. Potranno partecipare ai nuovi bandi pubblici ma non ci sarà più l'automatismo che c'è stato finora nell'assicurarsi il lavoro, e che durante l'amministrazione Veltroni non ha portato ad alcun raggiungimento degli obiettivi prefissati, neanche una sola persona è stata integrata». La musica è cambiata, e questo fa paura. «L'amministrazione Alemanno è interessata a rendere i nomadi progressivamente autonomi da un punto di vista economico e sociale - dice l'assessore - di conseguenza ogni singolo euro che viene speso all'interno dei campi, viene speso per la sicurezza dei cittadini e per i nomadi, e non più per mantenere chi li gestisce, con il fine di arrivare alla chiusura dei campi». Per qualcuno è dura da digerire. «C'è chi vorrebbe che tutto restasse come prima. Per noi invece non ha senso mantenere persone giovani e forti in assistenza (l'età media è 18 anni, e il 70% ne ha meno di 18). E le coop temono di perdere gli affari assicurati - spiega -. Ma ora non potranno più contare sull'immobilismo dell'ex giunta Veltroni». Le cooperative reagiscono, pretendono di partecipare alle concertazioni con i nomadi che precedono gli sgomberi. E organizzano le contromosse. «C'è una realtà, ma non posso dirle quale - racconta Belviso -, dove sono riusciti persino a convincere i nomadi a mettersi l'avvocato, legali assunti per approfondire ogni punto del piano nomadi, per trovare una falla in cui infilare il grimaldello e spingere con l'obiettivo di non cambiare niente, francamente qualche volta penso che ci siano interessi che davvero non riesco a comprendere». L'assessore sembra sorpresa. «Da persone che hanno sempre lavorato con i nomadi e che hanno vissuto alle spalle del Comune, ci ci si sarebbe aspettato un comportamento diverso, che si rimboccassero le maniche e chiedessero: "in che modo possiamo collaborare con l'amministrazione per facilitare il nostro percorso?"». Invece macché. «Si mettono seduti e sobillano i nomadi. Sono loro che parlano di deportazioni - dice Belviso -. A Tor de' Cenci gira una lettera dove dicono "no alla deportazione dei rom", quando invece devono andare solo a quattro chilometri, Castel Romano è sempre nel XII Municipio». L'assessore ha voluto vederci chiaro. E anche per capire da chi partiva la protesta è andata a Tor de' Cenci. «Ho iniziato da poco gli incontri per il trasferimento dei nomadi perché quel campo andrà chiuso - racconta - quindi abbiamo iniziato la concertazione come è stato fatto con il Casilino '900 e come faremo con tutti gli altri 90 campi che andremo a chiudere. I nomadi son venuti da me già due volte, e una volta sono andata io da loro perché mi hanno invitata. Ho chiesto chi fossero i rappresentanti del campo, e a tutti gli altri ho detto di uscire. Ma i rappresentanti dell'Arci che gestiscono la scolarizzazione non volevano andarsene e hanno chiesto ai nomadi se volevano che rimanessero. Ma io gli ho detto che quando vorrò la posizione di chi lavora dentro i campi nomadi la chiederò».   Non si arrendono. «Le coop non vogliono perdere terreno, sono realtà nate nell'idea di accompagnare categorie deboli con l'idea che questa debolezza rimanesse per sempre assicurando la loro sopravvivenza. E tremano quando questa amministrazione parla di rendere i nomadi autonomi. Invece devono integrarsi e lavorare, devono affittarsi una casa e pagare le tasse. Nel passato invece non si ragionava così, tutta l'amministrazione Veltroni affrontava politiche assistenzialiste, e quelle persone che ci lavorano pensavano che rimanesse così per sempre. Invece il nostro obiettivo è di superare la condizione del campo: un investimento economico oggi serve a far risparmiare tanti milioni domani».  

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