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Duemila attività a rischio chiusura

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«Abbiamovisto cosa è successo con Acilia – spiega il presidente Valter Giammaria – è stato autorizzato e nulla si può fare per bloccare la sua realizzazione. Intanto, però, il piccolo commercio al dettaglio muore». Tremila attività chiuse nel 2009, altre duemila che rischiano di fare la stessa fine entro quest'anno. «Piccoli» schiacciati dalla concorrenza dei grandi che ora iniziano a farsi concorrenza anche tra loro. «Ci sono decine di negozi che chiudono anche all'interno di queste grandi strutture – continua Giammaria – segno che Roma è satura di attività del genere e che non è mai stato fatto nulla di serio al riguardo». Con una certa speranza guarda, invece, al nuovo piano del commercio Cesare Pambianchi, presidente della Confcommercio Roma, preoccupato anche lui dall'esito di questi art.11. «Se partissero tutti, sarebbe un disastro», dice senza usare mezzi termini, «ricordo comunque che nel 2004 li volevano tutti e li difendevano con forza e chi si azzardava a dire qualcosa in contrario veniva zittito dal Comune come dalla Regione». Il piano del commercio, quindi, come «possibile soluzione al problema del riequilibrio tra grande e piccola distribuzione», insiste Pambianchi. «Non faccio battaglia contro i mulini a vento, ma mi aspetto da questo piano la programmazione che attendiamo da tempo. Negli ultimi anni c'è stato un proliferare incontrollato di queste grandi strutture che hanno soffocato i piccoli ora in affanno. Per questo mi attendo un chiaro segnale di stop a nuovi centri commerciali considerando che per quelli che sono già stati autorizzati si può fare poco». La desertificazione dei piccoli centri intanto è avvenuta e preoccupa entrambi i leader delle associazioni di categoria. Per Giammaria «è evidente che senza una seria programmazione i piccoli negozi non possono concorrere con i prezzi, gli orari di vendita e il quantitativo della merce della grande distribuzione. Per questo gli errori fatti fino ad oggi non devono essere ripetuti». Ancora più chiaro Pambianchi: «Se il piano del commercio non si raccorda con quello urbanistico è del tutto inutile. Lo abbiamo visto con i grandi centri sorti senza costruire di pari passo le infrastrutture. In futuro bisognerà evitare di creare grandi cattedrali nel deserto, penso che questo concetto sia ben chiaro anche ai costruttori che credo abbiano ben chiare le esigenze di questa città». Dam. Ver.OREDROB:#VERDAM@%@

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