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Barbone ucciso per un giaciglio

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.È per questo che un russo di 45 anni è stato ucciso: non voleva cedere il suo «letto» nella station wagon che di solito gli offriva riparo nella notte. Massacrato di botte, preso a bottigliate, sgozzato e lasciato lì, avvolto in una coperta insanguinata. Hanno un nome e un volto i due uomini accusati di aver ucciso il clochard trovato senza vita nel parcheggio di piazza dei Cinquecento la notte del 13 dicembre. Sono due romeni di 18 e 39 anni, Daniel Pavel e Alexander Tofaleanu, arrestati dagli agenti della Polfer del Lazio diretti da Carlo Casini. Ma dietro l'omicidio pare che ci fosse anche qualcosa di più. Secondo il racconto di alcuni testimoni, i due aggressori e la vittima gestivano il racket delle elemosine alla stazione. E gli ultimi litigi sarebbero scaturiti proprio per alcune «divergenze» su come spartirsi il «pizzo delle questue» e taglieggiare gli altri senzatetto. «Attento perché se ti ritroviamo quando siamo ubriachi finisci male...», lo avevano avvertito qualche giorno prima. E sono stati di parola. Quella notte i due romeni volevano ripararsi dal freddo nell'auto dove dormiva il rivale in affari. Ma il russo non ne voleva sapere di andarsene. Allora il 39enne lo ha afferrato alle spalle mentre il 18enne ha iniziato a massacrarlo di pugni. Poi ha impugnato una bottiglia. L'ha rotta e con il collo tagliente lo ha colpito alle tempie e alla gola. Mentre stavano per andarsene, la coppia si è accorta che altri due romeni avevano assistito alla scena. E, per assicurarsi che non parlassero, un paio di giorni dopo ne hanno gonfiato di botte uno. Ma è stata la loro rovina. Perché gli agenti della Polfer hanno iniziato a parlare con tutti i barboni e senzatetto ormai «di casa» alla stazione. E alla fine si sono imbattutti proprio nei due testimoni. Uno dei due aveva ancora il volto tumefatto per le percosse. All'inizio era titubante. Poi, però, ha raccontato tutto. La lite, l'aggressione e l'omicidio. Messi sulle tracce degli assassini, gli agenti venerdì notte li hanno scovati vicino a Termini. Dopo un paio d'ore di interrogatorio hanno confessato tutto. Un'ammissione totale confermata anche davanti al sostituto procuratore Stefano Pesci. «Una confessione fredda e spietata - ha raccontato il dirigente della Polfer Carlo Casini - Il diciottenne non ha mostrato alcun rimorso. Ha detto "l'ho riempito di botte perché volevo fargliela pagare, non ne potevo più, lo volevo uccidere"». Adesso si trova assieme all'altro romeno nel carcere di Regina Coeli.

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