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Contraffatto pure Totti Irruzione in tre depositi

Il materiale sequestrato

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Anche la Roma calcio ha ringraziato la polizia ferroviaria del Lazio diretta da Carlo Casini. Ha tolto dal commercio abusivo 65 mila pezzi tra magliette, sciarpe, cappelletti e altri accessori da tifoso. Tutti con marchio contraffatti che anche i periti inviati dalle società hanno avuto difficoltà a distinguere da quelli originali. Valore commerciale: oltre un milione di euro. Sette i denunciati (comprese due donne), italiani, tra collaboratori e titolari dei depositi dov'era lavorata e stipata la roba, proveniente addirittura dal Vietnam. Gli indirizzi: via delle Fornaci (15 mila pezzi trovati), alla Romanina, via Comandini (10 mila) e Castel Sant'Elia 40 mila), in provincia di Viterbo. In questo campionario la società giallorossa era la più rappresentata (oltre 50 mila pezzi), la maglietta di Francesco Totti la più richiesta. Ma non l'unica: c'erano Ternana, Fiorentina, Lazio e altri club. Gli uomini della squadra amministrativa sono arrivati al colpo grosso seguendo i venditori ambulanti che provavano a vendere la merce nella zona della stazione Termini. Tutti stranieri, la maggior parte bengalesi. Un giorno gli agenti intercettano uno strano movimento: notano gli abusivi quasi in fila dietro un furgone dal quale si riforniscono degli accessori di abbigliamento da rivendere. I poliziotti lasciano la ciurma di irregolari e decidono di seguire il camion. L'idea è giusta. Da un collegamento arrivano a un altro. Fino a uscire fuori dal territorio della provincia di Roma e sbarcare in quella viterbese, in uno dei primi comuni che s'incontrano percorrendo la Cassia. E precisamente a Castel Sant'Elia, in un locale specializzato nella personalizzazione di magliette, sciarpe, tute da ginnastica e tutto ciò che può essere stampigliato. Lì trovano il macchinario, le magliette dal Vietnam, il computer con il logo delle squadre da riprodurre. Dai depositi partivano i corrieri coi mezzi per rifornire, e il giorno dopo incassavano il provento della vendita, pagando gli ambulanti con una cifra minima. «I tre proprietari dei magazzini - spiega Casini - non si conoscevano. Ora si vedrà però se c'è un filo conduttore che può legare i tre depositi». L'inchiesta infatti non è conclusa. Tra i denunciati figurano anche dei campani. Il sospetto è che il mercato fosse alimentato dalla camorra, che già da tempo ha dimostrato di aver fatto della contraffazione un malaffare più redditizio di quello della droga.

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