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Porto d'armi facili alle guardie giurate

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Sipuò sniffare cocaina e avere una pistola, essere depressi e portare l'arma e la divisa da guardia giurata. Basta richiedere un certificato del dottore di famiglia, portarlo al medico legale della Asl, il quale legge e conferma. E il gioco è fatto. Si è guardie giurate col cinturone e la pistola. Il porto d'armi può diventare una licenza di uccidere. Le rete di norme per evitare il mortale paradosso è smagliata, non riesce a impedire l'assurdo. Lo dicono preoccupati titolari di istituti di vigilanza, medici e sindacati di categoria. A Roma è già successo che un vigilante abbia usato la pistola dopo aver perso la testa, e continua a capitare. 6 giugno: lui, 38 anni, guardia giurata, sta tornando a casa a Tor Cervara dopo una festa in famiglia. Per un parcheggio ha un litigio con un uomo di 64 anni. Sale in casa, prende l'arma e spara dal balcone, colpendo per fortuna solo lo sportello dell'auto del signore. Si è detto in seguito che la guardia era depressa. «Io non lo sapevo - dice il suo datore di lavoro, Roberto Di Angelo - Per privacy si può essere depressi pur avendo una pistola, senza informare datore di lavoro e polizia. Il 5 giugno dal Policlinico Casilino ho ricevuto la cartella clinica in cui si dice che il vigilante si è presentato al pronto soccorso la notte precedente manifestando sintomi di una crisi pressoria, è rimasto lì sino alle 5 del mattino e poi è stato lasciato andare. La terapia: riposo e idratazione. Secondo la legge della privacy, quando un dipendente sta male, il medico che firma il certificato non è tenuto a scrivere la diagnosi, ma a confermare che il paziente visitato ha bisogno di riposo. Mentre se uno è depresso la polizia dovrebbe ritirargli la pistola». «È vero - spiega il segretario regionale della Federazione dei medici di famiglia, Pierluigi Bartoletti - Per rilasciare il porto d'armi ci viene richiesto il certificato amnestico, in cui si in sostanza si garantisce la conoscenza del quadro clinico della persona e in fondo al quale in una riga si dice che l'assistito dichiara di aver detto la verità sul suo stato di salute. Le norme dovrebbero essere più precise e non offrire varchi. Per esempio, oggi se il medico curante non rilascia il certificato, l'aspirante vigilante va alla Asl, cambia dottore, si rivolge da un altro che non lo conosce affatto e il problema è risolto». Nel 2008 la polizia amministrativa di Roma ha emesso 1.327 decreti di nomina di guardia giurata particolare e ne ha rinnovati 8.248. Ogni numero è una pistola. «C'è un dato che deve far riflettere - si sofferma il direttore generale dell'Italpol, Giulio Gravina - Al momento dell'assunzione alla guardia viene data una pistola di proprietà dell'Istituto, che il dipendente paga un po' alla volta. Però se in seguito il vigilante cambia ente o smette di fare questo lavoro si ritrova con un'arma in casa, anche se è depresso, beve o consuma droga». «Gli istituti - propone il segretario nazionale del Savip, Vincenzo Del Vicario - devono fare formazione del personale che assume. E poi i medici non devono limitarsi al certificato, la legge dovrebbe prevedere analisi del sangue e delle urine, prelievi a campione e a sorpresa. In giro ci sono troppe persone con troppe pistole e senza alcun controllo».

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