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"Vanacore non ha nulla da dire"

Simonetta Cesaroni uccisa con trenta coltellate il 7 agosto del 1990

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«Pietrino Vanacore non vive più a Roma da molti anni, ma il delitto di quasi 19 anni fa rimane per lui un fatto che lo ha provato e segnato per sempre. Ha cercato di dimenticare, ma il periodico aggiornamento della vicenda ha riaperto la ferita. Lui ha sempre detto che il più bel giorno della sua vita sarà quando il caso sarà risolto». Lo afferma l'avvocato Antonio De Vita, legale dell'ex portiere del palazzo di via Carlo Poma dove, il 7 agosto 1990, fu uccisa con una trentina di coltellate Simonetta Cesaroni. «Ritengo che se Vanacore avesse ancora qualcosa da dire lo avrebbe già fatto, non fosse altro per rafforzare la sua posizione». Il portiere fu coinvolto nelle indagini: arrestato pochi giorni dopo il delitto, fu prosciolto in via definitiva dall'accusa di favoreggiamento. A quasi 19 anni da uno dei delitti più cruenti che si ricordi a Roma, con la chiusura dell'inchiesta da parte della procura nei confronti di Raniero Busco, all'epoca fidanzato di Simonetta, l'avvocato De Vita torna a parlare della vicenda dopo l'appello al suo assistito a «dire quello che sa» fatto da Roberto Cavallone, attuale procuratore di Sanremo e fino a qualche mese fa, uno dei titolari dell'inchiesta sull'omicidio di via Poma. «È una presunzione quella che Vanacore potrebbe aggiungere qualcosa di nuovo - afferma l'avvocato De Vita - tutto quello che disse è stato riscontrato. Non c'era illogicità nelle sue affermazioni. Io, che per principio non credo mai a ciò che mi viene detto, ho verificato e trovato conforme tutto quello che ha detto Vanacore». Quanto all'accusa di omicidio volontario formulata dalla procura, il penalista De Vita afferma che nei confronti di Busco, ma anche di altri personaggi comparsi nell'inchiesta giudiziaria, ha avuto sempre delle «perplessità». «Ma nella catena degli indizi sono sempre mancati degli agganci - aggiunge l'avvocato - bisogna ora vedere se questi agganci sono stati trovati. Certo che la concordanza della traccia fisica scoperta sul corpo di Simonetta, ossia la compatibilità del morso sul seno con la dentatura di Busco, e la traccia di saliva sul reggiseno sono circostanze, per l'accusa, molto importanti».

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