Islam, alla Camera la frase choc del legale dell'islamico in cella: “La lotta armata non è reato”
Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle, è tornata. Dopo le documentate frequentazioni con Mohamed Hannoun, è passata a occuparsi del caso dell’imam di Torino Mohamed Shahin, ritenuto un pericolo per la sicurezza nazionale ed esponente della Fratellanza Musulmana. Su di lui pende un decreto di espulsione firmato dal ministro dell’Interno, motivo per cui il predicatore islamico era stato portato nel Cpr di Caltanissetta. E ieri Piantedosi ha ribadito che Shahin è pericoloso per «gli analisti, per gli operatori, per le cose che avevamo agli atti». Ma per certe toghe Shahin era un brav’uomo, lo stesso che aveva pubblicamente affermato che «il 7 ottobre non fu violenza». E lo hanno lasciato libero nonostante nel marzo 2012, lo stesso anno della foto assieme a Cerantonio, che si è fatto immortalare con la bandiera nera dei gruppi jihadisti davanti a San Pietro, veniva fermato dalla Polizia di Imperia insieme a Giuliano Ibrahim Del Nevo. Ma c’è di più perché cinque anni dopo, nell'ambito di indagini su El Mahdi Halili «veniva registrata una conversazione in cui questi consigliava ad altro soggetto di rivolgersi a Shahin presso la moschea di Torino», si legge nel ricorso che ha liberato l'imam. Nato in Marocco e residente a Lanzo, vicino al capoluogo piemontese, Halili è considerato dall'antiterrorismo «il filosofo dell'Isis». Finito in carcere nel 2018 evocava il «martirio» e la «guerra santa» come unica via «per i buoni musulmani». Il giovane jihadista è stato condannato a sei annidi carcere e adesso è in libertà, ma sotto sorveglianza.
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Ecco, quindi, che Ascari ieri ha pensato bene di tenere un convegno alla Camera non solo per Shahin, bensì anche per Ahmad Salem, in carcere da sette mesi in Italia presso il carcere di Rossano, in provincia di Cosenza in regime di alta sicurezza, con le accuse di istigazione a delinquere e autoaddestramento con finalità di terrorismo. E per Anan Yaeesh, arrestato nel 2024 con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo e da allora è nel carcere di alta sicurezza di Melfi. L’uomo venne fermato a fini estradizionali a seguito di una richiesta avanzata da Israele, come si legge nella risposta del Vice ministro Esteri Edmondo Cirielli: «Il 24 gennaio 2024 le autorità israeliane hanno trasmesso al Ministero della giustizia una richiesta di arresto provvisorio del cittadino palestinese Anan Yaeesh, a fini estradizionali, per reati di partecipazione ad organizzazione terroristica e atti di terrorismo, di reclutamento di membri dell'organizzazione nonché di finanziamento di atti di terrorismo». Richiesta poi ritirata poiché Yaeesh, come lo stesso Cirielli sottolinea «risulta sottoposto a procedimento penale per gli stessi fatti oggetto della richiesta di estradizione nell'ambito di un procedimento promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale de L'Aquila, circostanza che esclude la possibilità di estradizione».
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Insomma, nei palazzi delle nostre istituzioni va in scena la "martirizzazione" di due soggetti ritenuti vicini all’ambiente terroristico e di un altro su cui pende un decreto di espulsione, perché ora il Viminale farà ricorso in Cassazione dopo la presa di posizione dei giudici torinesi. Aule in cui sentiamo frasi gravissime e a dirle è l’avvocato di Anan Yaees e Ahmad Salem Flavio Rossi Albertini che, oltre a espressioni come «Repressione razzializzata» ed «effetto intimidatorio nei confronti della comunità intera», si è così espresso: «Anan partecipa a fenomeni di lotta armata, ma come dice la locandina di questo incontro parlare di Palestina non è reato. Beh, per il diritto internazionale nemmeno per un palestinese fare la lotta armata è un reato, c'è un diritto all'autodeterminazione dei popoli che può essere portata avanti anche attraverso fenomeni di lotta armata. Anan è espressione di questo, con buona pace di tutti i presenti. Lui ogni qual volta è stato davanti a un giudice ha dichiarato la propria appartenenza alla resistenza, ma non l'attacco ai coloni, all'esercito israeliano, a coloro che sono i responsabili dal '67 di una politica di occupazione genocidaria all'interno della Cisgiordania». Quindi la lotta armata è legittima?
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