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Regionali, panico a 5Stelle: "Ci supera Avs". Il dato che sgretola il campo largo

Ignazio Riccio
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Il “campo largo” scricchiola e il Movimento 5 Stelle trema. Ogni tornata elettorale regionale sembra confermare un copione ormai rodato: quando il M5S corre in alleanza con il Partito Democratico, i consensi calano. Non di poco. A lanciare l’allarme, questa volta, è il risultato delle regionali nelle Marche, dove i grillini si sono fermati al 5,1%, perdendo due punti secchi rispetto alla precedente competizione. Non si tratta di un caso isolato. Lo stesso schema si è ripetuto in Liguria, in Umbria, in Sardegna. Anche in quelle regioni dove il M5S aveva presentato candidati “di casa” e un programma frutto della fusione con il centrosinistra. I numeri, però, parlano chiaro: l’alleanza non premia i pentastellati. E, anzi, sembra erodere progressivamente la loro identità politica.

A preoccupare, oggi, non è solo la perdita di voti, ma lo spettro del sorpasso da parte di Alleanza Verdi e Sinistra. “Se ci supera Avs, rischiamo la faccia”, ha confessato al “Corriere della Sera” un dirigente del Movimento, senza troppi giri di parole. Il timore è concreto, perché i sondaggi più recenti danno Avs in crescita costante, attestata tra il 6 e il 6,4% a livello nazionale. Il M5S, invece, oscilla attorno all’11%, ma con un trend in flessione. E se il sorpasso a livello nazionale sembra lontano, in alcune regioni – specie in Toscana o in Puglia – il divario si assottiglia pericolosamente.

Il problema non è solo numerico. Dentro il Movimento si sta aprendo un fronte di dissenso sempre più largo, che mette in discussione la strategia dell’alleanza con il Pd. “Così perdiamo identità, diventiamo la brutta copia di un partito in crisi”, ha spiegato un parlamentare pentastellato. Gli ha fatto eco un altro esponente critico: “Perché un elettore dovrebbe votare per noi, se diciamo le stesse cose del Pd ma con meno credibilità?”.
Non è un caso che, secondo alcune analisi, circa il 46% degli ex elettori 5 Stelle abbia scelto l’astensione alle ultime Regionali. Un dato che pesa come un macigno: il “non voto” grillino è diventato il primo partito invisibile, segno di una disaffezione profonda. E il malessere di base, dentro il Movimento, rischia di trasformarsi in vera e propria diserzione alle urne.

Eppure, tra i fedelissimi di Giuseppe Conte, c’è ancora chi crede nella svolta. L’ala più vicina all’ex premier punta sulle prossime Regionali per invertire la tendenza. In particolare in Calabria e in Campania, dove i 5 Stelle si presentano con candidati propri e contano di sfruttare la forza del radicamento territoriale. “Abbiamo volti credibili e progetti chiari. Se c’è un’occasione per rilanciarci, è questa”, ha assicurato un dirigente contiano.
Non è un caso che nei prossimi mesi si punterà su figure riconoscibili e “di peso”, come Pasquale Tridico – ex presidente dell’Inps – e soprattutto Roberto Fico. L’ex presidente della Camera è visto da molti come il perno per tenere in piedi il difficile equilibrio del campo largo. In Campania, roccaforte storica dei 5 Stelle, il suo ritorno in prima linea potrebbe ridare fiato a un progetto che, per ora, sembra arrancare.

Ma i malumori non si placano. La sensazione, tra molti militanti e dirigenti locali, è che si sia imboccata una strada senza uscita. “Il campo largo è un vicolo cieco. Abbiamo scelto di appiattirci sui dem, e ora ne paghiamo il prezzo”, ha detto un esponente del Movimento in Toscana, dove gli accordi con il Pd hanno creato non pochi mal di pancia. I vertici, però, non arretrano. “Gli accordi con il Pd sono stati frutto di un percorso partecipato, in cui molte delle nostre proposte sono entrate nei programmi”, fanno sapere dagli uffici romani del Movimento. E rilanciano: “Non si tratta solo di vincere le Regionali, ma di costruire un’alternativa di governo credibile al centrodestra. È un progetto ambizioso, che richiede generosità e visione”.

Una strategia che, tuttavia, sembra reggersi sempre più su un equilibrio fragile. Perché mentre Giorgia Meloni consolida la sua leadership e Fratelli d’Italia continua a guidare i sondaggi con ampio margine, il campo largo appare incerto, frammentato e spesso litigioso. Una coalizione che somma debolezze più che forze, con un Pd ancora in cerca di identità e un M5S che non riesce a decollare fuori dalla scia di Conte. In questo scenario, Avs potrebbe non essere più solo un alleato di facciata, ma un concorrente diretto. La sinistra ambientalista e movimentista parla con una voce più netta, intercetta le istanze radicali del vecchio elettorato grillino e si muove senza troppi compromessi. Per qualcuno, il rischio è che il Movimento 5 Stelle diventi una sorta di "mediatore debole" all’interno di una coalizione in cui gli altri dettano l’agenda.

A tutto questo si aggiunge un altro fattore: la credibilità personale di Giuseppe Conte. L’ex premier, considerato fino a pochi mesi fa il volto più “presentabile” del fronte progressista, oggi è sotto pressione. Deve tenere insieme un partito diviso, rianimare i territori, rintuzzare gli attacchi interni ed esterni. E convincere un elettorato sempre più stanco e disilluso che il M5S ha ancora qualcosa da dire. Un’impresa tutt’altro che semplice.
Le prossime Regionali – in particolare in Toscana, Campania, Calabria e Puglia – rappresenteranno dunque un banco di prova cruciale. Non solo per verificare la tenuta dell’alleanza con il Pd, ma per capire se il Movimento 5 Stelle ha ancora un’autonomia politica reale o se si sta trasformando, lentamente, in una forza accessoria. Peggio ancora, in una forza irrilevante. Per Conte e i suoi, potrebbe essere l’ultima occasione per dimostrare che il campo largo non è un esperimento fallito. O, al contrario, il punto di non ritorno di una parabola discendente cominciata nel momento stesso in cui hanno scelto di “normalizzarsi”.

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