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Ponte sullo Stretto, l'idea di Meloni per raggiungere l'obiettivo Nato: “E' una spesa militare”

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Di fronte all’ambizioso obiettivo della NATO di portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035, l’Italia valuta un’idea tanto audace quanto di difficile attuazione: classificare il ponte sullo Stretto di Messina come infrastruttura militare. Con solo l’1,49% del PIL destinato alla difesa nel 2024, Roma si trova tra gli ultimi in classifica tra i Paesi alleati e fatica a colmare il divario. Ma una soluzione creativa potrebbe arrivare proprio da un’opera tanto discussa quanto mai realizzata. Il progetto del ponte, promosso con forza dal governo Meloni, e in particolare dal vicepremier Matteo Salvini, torna al centro del dibattito con una nuova etichetta: non solo infrastruttura civile, ma elemento chiave per la “resilienza strategica”. Secondo un rapporto governativo pubblicato ad aprile e riferito da Politico, “il ponte sullo Stretto di Messina ha anche un’importanza strategica per la sicurezza nazionale e internazionale”, poiché favorirebbe “il movimento delle forze armate italiane e degli alleati della NATO”.

 

 

La chiave sarebbe proprio quella di includere l’opera nel 1,5% del PIL che l’Alleanza Atlantica consente di destinare a infrastrutture di interesse strategico. In questo modo, i 13,5 miliardi necessari per la sua realizzazione non solo sarebbero giustificabili, ma anche più facilmente finanziabili. Un funzionario del Tesoro ha ammesso che definire il ponte come progetto militare potrebbe “superare ostacoli burocratici e controversie con le autorità locali” e aiutare a “facilitare la raccolta di fondi, soprattutto nel prossimo anno”. La nuova designazione permetterebbe anche di dribblare resistenze giudiziarie e ostacoli ambientali, che da decenni ne bloccano la realizzazione in una delle aree sismiche più complesse d’Europa.

 

 

Dal canto suo, il governo ha già chiesto l’inclusione dell’opera nel piano di finanziamento europeo per la mobilità militare, sostenendo che “si inserirebbe perfettamente in questa strategia, fornendo un’infrastruttura fondamentale per il trasferimento delle forze NATO dal Nord Europa al Mediterraneo”. La proposta però divide. Se da un lato consente di aggirare i vincoli economici e rilanciare un’opera simbolo, dall’altro potrebbe alimentare le critiche di chi vede nell’uso di fondi militari per un’opera civile un gioco di prestigio politico. Resta ora da capire se Bruxelles e l’Alleanza atlantica accetteranno questa reinterpretazione del concetto di “difesa”.

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