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Operazione GabriElly, la mossa di Sala (e Ruffini) per incastrare Schlein

Aldo Rosati
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Il momento cruciale per Beppe Sala, quello in cui si fanno le scelte decisive. Come lanciarsi nella prossima avventura e contemporaneamente determinare l’identikit del suo successore alla guida di Milano. Nessun dubbio sui suoi desideri: «Delle sette regioni sopra gli Appennini, il centrosinistra non ne conquista una da tempo. Non riusciamo a parlare a un ceto produttivo, facciamo fatica a parlare al Nord e prendiamo legnate ovunque». Con tanto di stoccata finale: «se non si cambia il modo in cui non ci si rapporta con il Nord non si vince. C'è molto da fare». Insomma più che un’allusione, una mezza dichiarazione di intenti: al Pirellone (si voterà nel 2028, a Milano l’anno prima), «mai dire mai». Il sindaco ha la sua ricetta anche per Palazzo Marino (al voto nel 2027): «Lui dice di no, ma spero che il futuro di Franco Gabrielli sia in politica. È una persona di grande valore».

 

 

 

Una mossa che aveva già scatenato l’ira di Elly Schlein, che sa che quel posto è già stato prenotato dall’ex assessore comunale ed oggi consigliere regionale Pierfrancesco Majorino. Quanto all’ex capo della Polizia (fino a qualche settimana fa delegato alla sicurezza a Milano), molto attivo nella rete cattolica di Ernesto Maria Ruffini, smentisce qualsiasi interesse diretto: «non sono questi i miei orizzonti e sono anche convinto che una città debba esprimere il primo cittadino nell’ambito della sua comunità».
Alla fine potrebbe ripensarci se fosse invocato da tutti, un po’ come salvatore della Patria, d’altra parte Gabrielli (che è nato a Massa) gode di importanti relazioni in ampi settori della società, e della stima incondizionata del network che fa riferimento a Romano Prodi. L’altro fronte in cui in queste ore è impegnato il sindaco Beppe Sala è quello della Salva Milano. Ed ancora una volta è tensione con il Pd, che alla Camera ha redatto ed approvato il provvedimento, ed al Senato è intenzionato a modificarlo sensibilmente.

 

 

E a farlo ripartire daccapo (o meglio farlo ripassare in seconda lettura a Montecitorio). Nei giorni scorsi il consiglio comunale del capoluogo lombardo hanno approvato un ordine del giorno favorevole al progetto sponsorizzato dal primo cittadino, con la maggioranza però che ha perso dei pezzi, con 5 consiglieri che hanno votato contro. Per il sindaco: «quello che noi chiediamo al Parlamento è una interpretazione: ce la diano, se non lo faranno vedremo cosa fare. Non ho mai visto un momento di debolezza così della politica». A Beppe Sala non sarebbe dispiaciuto neanche ritagliarsi una parte sulla scena nazionale, ad esempio mettendo in piedi il "famigerato" cespuglio moderato, un’ipotesi poi svanita con l’arrivo di Mister tasse, Ernesto Maria Ruffini, che si è messo di buona lena a costruire lo scheletro della Margherita bonsai.

 

 

Così ora il sindaco dice ad Elly Schlein, «in fondo è affar tuo». «Penso che non ci possa essere un federatore che possa mettere tutti intorno al tavolo, deve essere il Pd ad avviare il discorso», ha spiegato ieri a Radio 24. Lasciando le porte aperte: «spetta Pd di mettere tutti attorno a un tavolo, se poi si dovesse decidere che non serve e che la proposta deve essere radicale ognuno farà i suoi conti. Io mi chiedo se per quello che sono potrei dare un contributo o meno». Questione di vita o di morte per il centrosinistra: «se non si riesce a parlare a una parte di elettorato più moderato e riformista è difficile immaginate di vincere». Insomma il sindaco "ovunque", o meglio la scheggia impazzita che innervosisce il Nazareno.

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