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Italia-Brasile, la samba dell'energia

Luigi Bisignani
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Caro direttore, la samba dell’energia. Tra i vari balli e balletti in giro per il mondo ce n’è uno, economico, in cui l’Italia può inciampare: quello in Brasile. Dove si vuole penalizzare l’Enel del duplex Scaroni-Cattaneo. E dove, dal 2023, è tornato presidente Lula - che in portoghese significa calamaro - ex lavoratore metallurgico, prima crocifisso e poi santificato. Chissà se il tre volte presidente del Paese del futebol nella sua imminente visita in Italia vorrà stigmatizzare il suo ministro dell’Energia Alexandre Silveira, il quale ha messo nel mirino non solo Enel, per via di alcune interruzioni di energia elettrica, ma è intenzionato ad usare tutta la sua influenza contro altri colossi italiani da tempo radicati nel Paese sudamericano come Tim e Leonardo. Mentre l’Eni, tra Petrobas e Shell, ha sostanzialmente sempre avuto le porte sbattute in faccia. Casus belli per Enel sono stati alcuni black out quando ampie zone, compresa la maggiore città del Brasile, San Paolo, sono rimaste al buio per oltre 48 ore. Episodi che Enel ha giustificato con le tempeste e i nubifragi che hanno abbattuto migliaia di alberi e pali elettrici. Nonostante ciò, lo stesso ministro Silveira ha chiesto all’authority dell’energia (ANEEL) di applicare ogni forma di punizione, compresa la disanima se la società italiana può continuare ad essere concessionaria di energia nello stato di San Paolo. Enel ha già pagato una multa di 165 milioni di reais (pari a circa 33 milioni di dollari), ma la vicenda è ancora in piena evoluzione, tanto che il governo italiano ha espresso le proprie rimostranze all’ambasciata brasiliana a Roma. Sennonché, l’intervento è stato considerato un errore strategico visto che i brasiliani -Lula in testa- sono orgogliosamente nazionalisti e chi vuole fare business con loro, soprattutto in settori a concessione pubblica, deve sentirsi e comportarsi da brasileiro, evitando il ricorso al proprio peso internazionale.

Da tempo l’Italia ha scoperto il potenziale del mercato brasiliano. Vi sbarcò con Fiat nel 1976, che arrivò portandosi dietro Magneti Marelli ed Iveco. Oggi le auto Stellantis sono le più vendute in Brasile, che nel frattempo è diventato anche una piattaforma di esportazione verso altri paesi. Quasi 20 anni dopo (1995) arrivò Tim, oggi in mano all’Ad Pietro Labriola che ben conosce il paese del Carnevale. Con i suoi 60 milioni di clienti, Tim Brasile vale più della sua controllante italiana. La filiale brasiliana è na rischia di incepparsi. Stefano De Angelis prima, e Pietro Labriola, poi, hanno fatto bene e dovrebbero rimettere in sesto la divisione. Il governo Lula, tramite l’authority per le telecomunicazioni, ha però adesso deciso di tosare i profitti degli operatori telefonici ed ha emanato una legge che vieta alle compagnie di interrompere il servizio di ricezione ai clienti indigenti che hanno il saldo della carta prepagata a zero. In un paese con un reddito pro capite come il Brasile, questo potrebbe avere un impatto considerevole sui conti della socie tà telefonica. Leonardo approdò in Brasile 20 anni fa ed ora è leader nazionale per la vendita di elicotteri. Da poco è stato defenestrato Francesco Moliterni, Ad di Leonardo International, ex braccio destro del Dg Lorenzo Mariani, che ha mantenuto solo i rapporti istituzionali. Forse perché negli anni passati i vertici di Leonardo sono stati molto vicini all’amministrazione Bolsonaro, nemico giurato di Lula. Sul piano internazionale, Lula - la cui grande popolarità all’estero è dovuta soprattutto all’impegno a ridurre la deforestazione amazzonica- ha sì condannato l’invasione dell’Ucraina, ma ha mantenuto inalterati i rapporti con la Russia, a cui è legato dagli accordi Brics. Ha comunque una discreta intesa con Biden e coltiva ottime relazioni con la Cina, basso esportando a pieno ritmo ferro e derrate alimentari.

Negozia con l’Europa un trattato di libero scambio, ostacolato solo da Emmanuel Macron, ma continua ad attrarre gli investimenti delle grandi aziende europee. Questo posizionamento geopolitico ha destato l’interesse dei grandi fondi internazionali, a cominciare da quelli arabi che, da Mubdala (Dubai) e Salic (Arabia Saudita), stanno investendo molto in Brasile. A parte le bizze del suo ministro, Lula tornerà in Italia, dove ha un rapporto speciale con Massimo D’Alema che non lo ha mai abbandonato durante i 580 giorni di carcere. Lula ha espresso parole di apprezzamento anche per Giorgia Meloni, la cui presidenza del G7 è secondo lui: «Un fatto straordinario per l’Italia, per di più in un anno che non solo celebra i 150 anni di immigrazione italiana in Brasile», ma anche per la «coincidenza delle presidenza brasiliana del G20». Chissà se queste premesse serviranno alla Meloni per convincerlo a non penalizzare troppo le aziende italiane. Altrimenti finisce che la saudade viene a noi.

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