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Bari, il clan e il boomerang Emiliano. Bufera su Decaro, ora rischia davvero

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Dire che la missione è fallita è un eufemismo. La parola che contraddistingue la piazza di Bari è boomerang. Perché se fino a sabato pomeriggio, a voler dissipare le ombre delle mani dei clan sulla città, c’era solo la Commissione sull’ipotesi di scioglimento per mafia del Comune guidato dal sindaco dem Antonio Decaro, dopo l'aneddoto di Michele Emiliano si sono accesi pure i fari investigativi della Commissione parlamentare antimafia. Che ha ritenuto gravissime le dichiarazioni del governatore della Puglia su quella visita, insieme a Decaro, alla sorella del boss Capriati, per chiedere una sorta di protezione al clan. «Te lo affido», la raccomandazione di Emiliano alla donna, per suo stesso dire nel corso del racconto sul quel palco, con al fianco un Decaro alquanto imbarazzato, quasi paonazzo. Il quale, finito nel polverone delle polemiche, è corso ai ripari: «Per quanto attiene a quell’episodio in particolare, di quasi vent'anni fa, Emiliano non ricorda bene. È certamente vero che lui mi diede tutto il suo sostegno, davanti alle proteste di buona parte del quartiere, quando iniziammo a chiudere Bari vecchia alle auto, ma non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella». Una precisazione che non è bastata a spegnere il fuoco dell'indignazione.

 

 

Tanto che il vice presidente dell'Antimafia, Mauro D'Attis, ha annunciato l’avvio di alcune audizioni a Palazzo San Macuto. «Le dichiarazioni rese pubblicamente dal presidente Emiliano sono degne di un approfondimento della Commissione antimafia. Sul caso di Bari - ha garantito - oltre che acquisiti tutti gli atti, va programmata anche una serie di audizioni. Tra queste quella di Antonio Di Matteo, ex presidente dell'Amtab, la municipalizzata di Bari, che su un quotidiano locale parla di concorsi truccati, denunce e, soprattutto omertà: parole che disegnano un quadro gravissimo, patologico, che merita un attento approfondimento in tutte le sedi». Non solo il presidente della partecipata del Comune. All’Antimafia potrebbe essere convocato lo stesso Emiliano. La richiesta sarà ufficializzata dal senatore Gianluca Cantalamessa, responsabile del Dipartimento Antimafia della Lega e capogruppo in Commissione. «Emiliano ci ha informati che l’antimafia di Decaro è nata a casa della sorella del boss Capriati. Una rivelazione agghiacciante e inquietante - sottolinea Cantalamessa - perché oltre alla frequentazione, Emiliano spiega di aver "affidato" Decaro alla famiglia del boss. Tutto questo è sconvolgente».

 

 

Agli approfondimenti sul piano istituzionale, si susseguono le dure reazioni politiche. La parola d’ordine per la Lega è «dimissioni». Di Emiliano, ovviamente. «Altro che protestare contro l’intervento di Piantedosi: queste frasi sono intollerabili e indicano non solo che il ministro dell’Interno ha agito in modo sacrosanto, ma a quanto pare c'è molto altro e molto di peggio. Cosa aspetta la Schlein a chiedere le dimissioni dei suoi uomini? Ci aspettiamo una seria presa di distanza», ha detto il senatore del Carroccio, Claudio Borghi. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha invece definito incommentabili le parole del governatore Pd, aggiungendo che «io non avrei mai parlato con la sorella di un boss per nessun motivo». Sono «agghiaccianti» per il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Del Mastro, le rivelazioni di Emiliano. «Con i boss non si tratta, ai boss non ci si affida, i boss si denunciano», ribadisce, auspicando sul caso «una grande attenzione delle Procure competenti».

 

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