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Calenda, tutti i guai del compagno. E Carfagna pensa di sfilarsi

Dario Martini
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In piazza del Gesù, l'aria sta diventando irrespirabile e le voci corrono in fretta. L'ultima, che passa da capannello a capannello, e che gira vorticosamente anche in Transatlantico, vuole la prossima uscita dal partito da parte di Mara Carfagna, che tornerebbe ad abbracciare Antonio Tajani. «Mara è molto cautaconfida un parlamentare critico di Azione- non ha fretta, uscirà dopo l'esito disastroso, che molti preannunciano, delle prossime elezioni europee. In pratica quando sarà chiaro a tutti che il giocattolo di Carlo si è definitivamente rotto». Ad essere informata delle voci deve essere la stessa interessata, che infatti venerdì si è precipitata a Napoli a presentare il libro del suo segretario, con l'onnipresente Ettore Rosato (uno che invece si deve ancora assestare). «Nelle riunioni di partito - confida un altro deputato collega di partito - Mara sta sempre zitta, non mette mai bocca. Ha già la testa da un'altra parte». L'ex ministro di Forza Italia però rischia di essere solo l'ultimo problema di sor Calenda. Il leader di Azione infatti nelle prossime ore dovrà fronteggiare una rivolta interna, a seguito del mancato accordo elettorale con Più Europa.

 

 

L'irrequieto segretario da settimane aveva rassicurato i suoi: «Ho praticamente già in tasca l'accordo con la Bonino» e si era rallegrato per l'ottimo raccolto degli ultimi transfughi, la coppia Bonetti Rosato: qualche sigla sconosciuta ai più, praticamente nulla. Il rapporto tra Emma e Carlo, dopo la rottura degli anni scorsi, è stato ricostruito pazientemente col tempo. Il leader di Azione l'ha chiamata più volte per starle vicino e sapere come andava la sua salute. Cosa particolarmente apprezzata dal leader di Più Europa. L'accordo che in realtà Calenda si aspettava di ricevere dalle mani del presidente del partitino Federico Pizzarotti (il suo sogno era piazzare Carlo Cottarelli come capolista e federatore), è andato in mille pezzi durante la direzione del gruppo che fa capo alla storica leader radicale . «Non accetteremo mai i veti di Azione», ha scandito il segretario Riccardo Magi. In realtà, bolle anche altro in pentola. Elly Schlein, non appena ha subodorato cosa stava accadendo, ha provato ad insinuarsi. L'offerta sarebbe stata la seguente: invece di andare dietro a Renzi e Calenda, perché non vi uniamo a noi alle Europee? Anche la soglia di sbarramento, in questo caso, diverrebbe ininfluente. Una lista comune col Pd, con alcune personalità di Più Europa accanto ai candidati Dem, permetterebbe di superare l'ostacolo. Ma Bonino tergiversa, non è convinta, vorrebbe riuscire ancora nell'impresa di riavvicinare Renzi (che ha già lanciato la sua campagna da Londra) e Calenda.

 

 

Così quest'ultimo ora rischia la bufera, che peraltro, si traduce con una emergenza sempre più evidente, nessuno si vuole candidare con Azione. Così la conferenza stampa di Alessandro Tommasi, creatore della piattaforma Nos, che ha annunciato l'intenzione di scendere in campo con Calenda, rischiando di essere la prima ed ultima del genere. Persino Alessio D'Amato, punta di diamante di Azione nel Lazio, confida agli amici in Consiglio Regionale, che non ha assolutamente intenzione di bruciarsi in una corsa, dove sarà quasi impossibile superare il quorum del 4%. La disamina che si fa in Piazza del Gesù, quando Calenda scende a mangiare nella vicina enoteca Corsi, è particolarmente impietosa. Senza il leader candidato, senza una struttura di partito diffuso, da soli, e praticamente senza testi di lista, le forche caudine del 4% diventano oggettivamente insuperabili. «Rischiamo una debacle», ammettono anche i parlamentari più vicini al segretario, sempre più preoccupati dalle quotidiane giravolte del loro numero uno. Stargli dietro, in effetti, sta diventando un vero e proprio lavoro usurante. Anche l'ultima uscita sull'apertura alle 5 stelle, ha provocato un mezzo terremoto, con parziale passo indietro del segretario. Ma ora per lui sembra proprio arrivata la famigerata ora X. Un risultato deludente del partito sarebbe vissuto come una sorta di tana libera tutti. Tanto che anche la «cauta Mara» stavolta potrebbe andarsene a cose fatte.

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