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Vaticano e Israele, tensione per la presa di posizione di Parolin

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Luigi Frasca
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Il Vaticano critica Israele e l’ambasciata replica duramente. Viene infatti definita «deplorevole» la dichiarazione rilasciata dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano in occasione dell’anniversario dei Patti Lateranensi. In quell’occasione il porporato ha confermato che da sempre la posizione della Santa Sede sulla guerra in Medioriente sia di «condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre» ma anche «una richiesta, che il diritto alla difesa di Israele debba essere proporzionato». E «certamente con 30mila morti non lo è». Parole che hanno indignato Israele che ha sottolineato come «giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di tutte le circostanze e dati rilevanti porta inevitabilmente a conclusioni errate». Secondo quanto sostenuto dai diplomatici israeliani, Gaza «è stata trasformata da Hamas nella più grande base terroristica mai vista» e «non c’è quasi nessuna infrastruttura civile che non sia stata utilizzata da Hamas per i suoi piani criminali, inclusi ospedali, scuole, luoghi di culto e molti altri». E accusano la popolazione civile locale che ha «attivamente sostenuto» il progetto.

 

 

«I civili di Gaza hanno anche partecipato attivamente all’invasione non provocata del 7 ottobre nel territorio israeliano, uccidendo, violentando e prendendo civili in ostaggio. Tutti questi atti sono definiti crimini di guerra». Al contrario, secondo l’ambasciata, le operazioni dell’esercito israeliano si svolgono «nel pieno rispetto del diritto internazionale». Secondo i dati disponibili, «per ogni militante di Hamas ucciso hanno perso la vita tre civili. Tutte le vittime civili sono da piangere ma nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista. Quindi, la percentuale dell’Idf nel tentativo di evitare la morte dei civili è circa 3 volte superiore, nonostante il campo di battaglia a Gaza sia molto più complicato». Poi l’ambasciata specifica che «su queste basi qualsiasi osservatore obiettivo non può non giungere alla conclusione che la responsabilità della morte e della distruzione a Gaza sia di Hamas e solo di Hamas. Questo viene dimenticato troppo spesso e troppo facilmente». Quindi, «non è sufficiente condannare il massacro genocida del 7 ottobre e poi puntare il dito contro Israele riferendosi al suo diritto all’esistenza e all’autodifesa solo co me un semplice atto dovuto e non considerare il quadro generale». A ribadire però il pensiero della Santa Sede è l’Osservatore Romano. In un editoriale in prima pagina «Fermare la carneficina», Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani, rimarca la scelta di campo per le vittime: «e dunque per gli israeliani massacrati in casa nei kibbutz mentre si accingevano a celebrare il giorno della Sim chat Torah, per gli ostaggi strappati alle loro famiglie, come per i civili innocenti un terzo dei quali bambini uccisi dai bombardamenti a Gaza. Nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un «danno collaterale» della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina».

 

 

Nuovo stop alla trattativa per il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas e un cessate il fuoco a Gaza: Israele non farà tornare i suoi rappresentanti al Cairo, dove da giorni si sta continuando a negoziare, finché Hamas non cambierà le sue condizioni sulla liberazione degli ostaggi. «Israele non ha ricevuto al Cairo nessuna nuova proposta di Hamas sulla liberazione degli ostaggi», fa sapere l’ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e «non cederà alle richieste deliranti di Hamas». Solo «un cambiamento nelle posizioni di Hamas permetterà ai negoziati di avanzare», dice il governo di Tel Aviv. L’ennesima battuta di arresto alla trattativa, condotta dai capi dell’intelligence israeliana, dal capo della Cia e dai servizi egiziani con la mediazione del Qatar e che nelle ultime ore sembrava più vicina a una conclusione, ha suscitato la reazione disperata delle famiglie degli ostaggi, secondo cui la decisione di Netanyahu di non tornare al tavolo significa «la condanna a morte» degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. L’Hostages Families Forum, che rappresenta i familiari della maggior parte dei prigionieri rimasti a Gaza, si dice «sbalordito» dalla decisione di «ostacolare» i colloqui in corso, aggiungendo che «sembra che alcuni membri del governo abbiano deciso di sacrificare la vita degli ostaggi ammettendolo». Questa decisione segnerà la loro «condanna a morte». La tensione nell’area continua a essere altissima e il rischio escalation è significativo: i jet da combattimento dell’Aeronautica israeliana hanno effettuato «estesi raid sul Libano», in risposta al lancio di razzi di Hezbollah. Intanto mistero sulle sorti di Yahya Sinwar, mente degli attacchi del 7 ottobre. L’esercito israeliano martedì ha diffuso un video del leader di Hamas a Gaza in un tunnel con la moglie e alcuni figli.

 

 

Fonti egiziane però sostengono sia rimasto ucciso in un raid aereo israeliano oppure intrappolato in un tunnel. E rimane drammatica la situazione a Gaza, mentre aleggia lo spettro del piano israeliano di una massiccia offensiva a Rafah, nel Sud della Striscia, che renderebbe la situazione ancora più grave. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fa sapere che la situazione negli ospedali di Gaza è ormai insostenibile e accusa Israele di ostacolare le missioni di consegna degli aiuti. «Le operazioni militari a Rafah potrebbero portare a un massacro a Gaza» e alla «morte definitiva» delle operazioni umanitarie ha aggiunto Martin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza. Il presidente francese Emmanuel Macron, ha chiesto a Netanyahu di interrompere le operazioni a Gaza perché la «situazione umanitaria» è «intollerabile». Macron, che si aggiunge alle voci di decine di paesi, da Usa a Regno Unito dalla Cina alla Ue, ha anche espresso a Netanyahu «la ferma opposizione della Francia» a un’offensiva di Israele a Rafah e ha parlato di «estrema urgenza» di arrivare ad un accordo «senza più ritardi» su un cessate il fuoco.

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