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Meloni, l'Italia di Giorgia prende forma: così fa “sbavare” la sinistra

Edoardo Romagnoli
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Dopo averla rinviata per due volte, prima per un’influenza poi per l’otolite, Meloni ha affrontato la tradizionale conferenza stampa di fine anno. Una maratona da poco più di tre ore, la più lunga degli ultimi anni, tanto che il premier è costretta a interromperla per poter andare in bagno. Nell’aula dei gruppi parlamentari ci sono dei banchi vuoti, sono quelli della Federazione nazionale della stampa che ha disertato per protesta contro la legge bavaglio. Una protesta che Meloni affronta subito ricordando che la cosiddetta "legge bavaglio" «è frutto di un emendamento parlamentare che arriva tra l’altro dall’esponente di un partito dell’opposizione (Enrico Costa di Azione) al quale certamente c’è stato un parere favorevole del governo, ma non è un’iniziativa del governo». Risponde a 45 domande che spaziano dalle questioni interne fino alla stretta attualità passando per le elezioni europee e le riforme in cantiere per il 2024. E lo fa ribadendo le sue posizioni senza tentennamenti tanto che anche fra i giornalisti c’è chi commenta: «Ci sta facendo a pezzi». Ma anche il premier accusa il colpo e a microfono aperto si lascia andare e ammette «gna faccio più». Un messaggio emerge su tutti: «Il mondo in cui la sinistra ha più diritti degli altri è finito. La democrazia per cui la sinistra fa quello che vuole e gli altri non hanno diritti non è il mio mondo e farò di tutto per combatterlo». Meloni lo dice commentando le parole di Amato sul rischio che con questo governo si rischia la deriva autoritaria. «Penso che sia una deriva autoritaria considerare che se non è di sinistra», la maggioranza «non abbia gli stessi diritti degli altri: nella mia idea di democrazia, questo non esiste» dichiara il premier. E questo vale anche per il caso di Marcello Degni, il consigliere della Corte dei Conti che su X (ex Twitter) tifava per l’ostruzionismo in Aula durante i lavori per l’approvazione della Manovra economica in modo da far scattare l’esercizio provvisorio facendo così «sbavare di rabbia» il governo. «Il fatto che un magistrato della Corte dei Conti, cioè una persona che in teoria ha come incarico quello di mettere in sicurezza i conti della Repubblica, che spera che l’Italia vada all’esercizio provvisorio per ragioni politiche, con tutte le conseguenze che questo avrebbe sui conti della Nazione, oggettivamente un pò di preoccupazione la mette», commenta Meloni aggiungendo che si aspetta una parola da Schlein e dalla sinistra sulla questione. Nel frattempo ieri il Consiglio di presidenza della Corte dei Conti ha disposto l’invio immediato degli atti al Procuratore generale della Corte al quale toccherà il compito di promuovere o meno azioni disciplinari nei confronti di Degni. Un doppiopesismo che il premier riscontra anche sulla vicenda Rai, ribattezzata Tele-Meloni. «Durante il governo Draghi FdI era l’unico partito di opposizione che non era presente nel Cda e non ho sentito parlare di regime. Le accuse di "Telemeloni", da una sinistra che con il 18% dei consensi esprimeva il 70% delle posizioni in Rai non stanno in piedi, semmai sul servizio pubblico stiamo facendo un riequilibrio rispetto a quegli anni» ricorda il premier. Poi aggiunge: «Ho letto delle critiche in tema di ascolti, però la Rai fa servizio pubblico: se noi pensiamo di giudicarla unicamente sul parametro dell’audience, forse perdiamo un po’ il senso di che cosa deve fare». Meloni rimanda al mittente anche le accuse di familismo. «Nel Parlamento italiano ci sono due coppie di coniugi e stanno entrambe a sinistra. Come rispetto la militanza politica di queste persone, questo deve valere anche per me» afferma Meloni, che aggiunge: «Mia sorella lavora da 30 anni come mlIitante in Fdi, forse la potevo mettere in qualche partecipata statale come è stato fatto ma non me la sono sentita».

 

 

MIGLIOR MOMENTO 2023 - «Quando riesco a stare veramente in mezzo alla gente, lì si vive una realtà molto diversa. Per chi come me ha bisogno del consenso dei cittadini vedere quel supporto, la gente che ti incita, che capisce, che ce la stai mettendo tutta. L’unica benzina possibile è quando riesco a stare in mezzo alla gente. Questo mi rende contenta».

PEGGIOR MOMENTO 2023 - «Cutro è stato il momento più difficile» del mandato a Palazzo Chigi: «94 persone che muoiono e l’accusa che è colpa tua sono cose che pesano. Non ritengo sia colpa mia, ma l’accusa pesa».

TAGLIO DELLA SPESA PUBBLICA - «La crescita italiana è stimata, ed è un dato buono, superiore alla media europea. Io non sono per aumentare le tasse quindi se devo lavorare lavoro prevalentemente sul taglio della spesa, come fatto quest’anno, con tagli lineari alla spesa pubblica che ci hanno consentito il rinnovo del taglio del cuneo contributivo. Poi vediamo quale sarà l’andamento dell’anno» prossimo per la manovra, «bisogna sapere quali sono le risorse che si hanno, io confido che quest’anno si possa essere ragionevoli e immaginare un taglio degli interessi».

MIGRANTI - «È oggettivamente un tema quello del decreto flussi, c’è una difficoltà oggettiva dove si accavallano le richieste del 2023 che sono già circa 150mila se non vado errata e si aggiungeranno le richieste del 2024, oggettivamente un carico enorme e si deve valutare lo snellimento delle procedure ma intanto stiamo rafforzando gli organi che se ne occupano, così sta facendo il ministro Tajani e stessa cosa il ministro Piantedosi. Abbiamo oggettivamente in questo momento delle difficoltà, confido poi si possa procedere più spediti, il sistema andava in tilt per molto meno» in passato, «ma abbiamo chiaro il problema e si tratta di capire se ci sono passaggi secondari o superflui da snellire». Quello sui flussi migratori «è un lavoro molto complesso, ma le cose cominciano a cambiare. L’Italia ha portato un approccio serio e non ha avuto problemi a farsi ascoltare» in Europa.

PIANO MATTEI - «Sarà un lavoro al centro del G7. Non ci stiamo rendendo conto di quanto sta accadendo lì, un Continente ricco di materie prime ma altamente instabile». Finora «non ha funzionato l’approccio paternalistico se non predatorio» avuto dall’Europa, «che non aiuta nella collaborazione con quel Continente. No carità ma costruire rapporti di cooperazione seri e non predatori, difendere il diritto a non dover migrare e si fa con investimenti e una strategia, e il Piano Mattei costruisce una prima base e il mio obiettivo è che diventi un modello e che altri Paesi possano aggregarsi per un lavoro serio di strategia». E conferma «il Piano Mattei è più avanti di quanto sembri e di quanto senta dire. Ci sarà tra poche settimane la conferenza Italia-Africa e quella sarà l’occasione per presentare il piano. Non sarà solo l’energia il nostro focus, anche se c’è questo tema».

 

 

POZZOLO - La domanda più attesa arriva tardi e quando viene formulata scatta una risata in platea tanto che Meloni si chiede: «Perchè ridono tutti?». Poi risponde sulla vicenda del deputato FdI che avrebbe ferito un uomo con un colpo di pistola durante i festeggiamenti di Capodanno e dà la prima vera notizia di giornata. «La questione è che chiunque detenga un’arma ha il dovere legale e morale di custodirla con responsabilità e serietà, per questo c’è un problema con quello che è successo» che «racconta in ogni caso qualcuno non è stato responsabile: questo per me non va bene per un italiano, figuriamoci per un parlamentare e un parlamentare di Fratelli d’Italia. Per questo ho deferito Pozzolo alla commissione di garanzia dei probiviri di Fratelli d’Italia e ho chiesto che nelle more del giudizio venga sospeso da Fdi, che è quello che posso fare sul piano statutario».

EUROPEE - «Lavoro per una maggioranza alternativa» a quella attuale, e «non sono mai stata disponibile a fare alleanze parlamentari con la sinistra: non l’ho fatto in Italia e non lo farò in Europa». Non con la sinistra ma neanche con gli alleati di Salvini: l’AfD e il Rassemblement national di Marine Le Pen. Poi conferma di non aver ancora deciso se candidarsi o meno. «Trovo che misurarsi con il consenso dei cittadini sarebbe utile, potrebbe portare altri leader a candidarsi e far diventare un test ad alto livello» . Vuole valutare «se una mia candidatura toglierà tempo al mio lavoro da premier. E poi si tratta di una decisione che sarà presa con gli altri leader del centrodestra». Su Draghi candidato presidente alla Commissione Ue Meloni risponde «impossibile parlare oggi di questo, Draghi ha dichiarato poi di non essere disponibile. Con lui abbiamo fatto un passaggio di consegne improntato al rispetto, sono contenta che oggi collabori con la Commissione, ma parlare del toto-nomi fa dibattito sulla stampa, ma non è il vero tema, che è invece cosa deve fare la Commissione prossima». E aggiunge «io lavoro per avere domani una Europa più forte sugli scenari di crisi e più determinata, per non consegnarsi a nuove dipendenze, più efficace nella difesa dei confini esteri e più capace di armonizzare sostenibilità e crescita».

MES E PATTO DI STABILITÀ - «La mancata ratifica del Mes non va letta in relazione ai risultati del Patto di stabilità: sono soddisfatta delle condizioni date dall’accordo», ma «chiaramente non è il Patto di Stabilità che avrei voluto io». Sul Mes «quello che potevo fare, e che ho fatto, è rimettermi all’Aula» che lo ha bocciato «perché non c’è mai stata una maggioranza in Parlamento per ratificare la modifica del Trattato», spiega. A chi gli prospetta una possibile «vendetta» da parte dell’Ue ricorda «quando la Francia non ha approvato la Costituzione Europea non mi risulta che si sia detto che l’avrebbero fatta pagare a Chirac per la scelta del referendum rispetto alla ratifica parlamentare».

PREMIERATO - «Quando ho presentato la riforma costituzionale la prima cosa che ho detto è che non tocchiamo i poteri del Presidente della Repubblica, è giusto così, perché il presidente è una figura di assoluta garanzia. Io non vedo come l’elezione diretta del capo del governo significhi togliere potere al capo dello Stato». Anzi per Meloni «si crea un equilibrio che è assolutamente buono e si rafforza la stabilità dei governi. Non vedo come questo possa ledere le prerogative del Capo dello Stato. Abbiamo avuto in Italia un problema di stabilità dei governi e governi che non rispondevano a nessuno e che non erano stati votati da nessuno», sottolinea. «La democrazia rappresentativa si sostanzia in "voto per te perché tu possa fare questo in mia vece". Abbiamo pagato pesantemente questa instabilità, in termini di debito pubblico e di credibilità internazionale. Ha significato anche la debolezza della politica sul tema economico, con l’impossibilità di fare riforme di grande respiro».

 

 

AUTONOMIA - «L’autonomia si tiene con il premierato: oggi ci sono presidenti di Regione eletti direttamente e presidenti del Consiglio che non lo sono. A uno Stato forte devono corrispondere autonomie forti».

RIFORMA LEGGE ELETTORALE - Per la prossima legge elettorale, in relazione anche alla riforma del premierato, «non ho ancora ragionato ma posso dire che una soglia (per il premio di maggioranza, ndr.) deve esserci per forza e io sono sempre stata favorevole alle preferenze».

CONFRONTO CON SCHLEIN - «Volentieri, credo sia normale. È giusto che il presidente del Consiglio si confronti con il leader dell’opposizione prima della campagna elettorale per le Europee. Non mi sono mai sottratta, non lo farò stavolta. Anche se non credo dovrebbe essere solo sulla condizione delle donne, i leader politici si occupano di tutte le materie».

CASO ANAS E SALVINI - «Penso che bisogna attendere gli sviluppi e non commentare teoremi», premette. «Le intercettazioni fanno riferimento al precedente governo, Salvini non viene chiamato in causa e quindi ritengo che non debba riferire in Aula». Poi aggiunge «da quanto so l’unica tessera di partito di Tommaso Verdini mi risulta fosse quella del Pd, con questo governo affaristi e lobbisti non passano un bel momento, penso che diversi attacchi scomposti siano figli di questo». Un refrain quello su affaristi e lobbisti che tramerebbero contro il governo su cui Meloni insiste da tempo. E ogni volta ripete «non mi spavento e non mi faccio condizionare» anche se poi preferisce non dare ulteriori dettagli su questa teoria.

ELON MUSK - La domanda è sugli applausi che Meloni ha rivolto a Musk ospite d’eccezione ad Atreju, la manifestazione di FdI, nonostante il tycoon nato in Sudrafrica ha avuto sei dei suoi undici figli grazie alla gestazione per altri, una pratica che il premier condanna. «Ho applaudito Musk ad Atreju perché ospite ed è per rispetto degli ospiti, ma non cambia la mia posizione sulla maternità surrogata e sul fatto che i bambini non si comprano né vendono, non si scelgono su un catalogo, pagare una donna povera per avere un bambino non è progresso e sono contenta se il Parlamento approverà la legge sul reato universale».

CASO MENNUNI - Tra le polemiche scaturite da parlamentari di Fratelli d’Italia c’è anche la polemica seguita alle dichiarazioni della senatrice Lavinia Mennuni per la quale «la prima aspirazione delle ragazze deve essere diventare madri». Parole che Meloni commenta «non so dirle se la parola aspirazione sia quella giusta, ma oggi se lei mi chiedesse di scegliere tra la presidenza del Consiglio e mia figlia io non avrei dubbi. Il concetto che però non condivido è che un traguardo debba toglierti l’opportunità dell’altro. Le politiche per la maternità non sono nemiche del lavoro delle donne: Ursula von der Leyen ha sette figli, Roberta Metsola ne ha quattro. Non si deve rinunciare a una cosa per l’altra, e noi ci siamo occupati con i nostri provvedimenti specialmente delle madri lavoratrici e in generale dei genitori lavoratori».

BALNEARI - «Sui balneari stiamo facendo una mappatura che, curiosamente, da quando c’è stata la normativa Bolkenstein nessuno ha ritenuto di dover fare. Abbiamo fatto un lavoro serio e ora l’obiettivo del governo è un riordino sui diversi pronunciamenti, un confronto con la Commissione europea per evitare la procedura di infrazione e dare certezze agli operatori del settore. Ora c’è una difficoltà per gli operatori e gli enti che non hanno norme chiare. È un tema che sarà oggetto del lavoro delle prossime settimane».

CHIARA FERRAGNI - «Sul ritorno di Chiara Ferragni sui social non ho nulla da dire, figuriamoci. Quello che mi ha colpito è stata la reazione scomposta della sinistra. Credevo fosse un valore da condividere il fatto che ha più valore chi produce un pandoro che chi lo promuove, invece se la sono presa, sembrava che avessi attaccato Che Guevara».

OBIETTIVI 2024 - «Mettere a terra il Pnnr, la riforma della giustizia e poi ho un piano sulle borse di studio per gli studenti per il merito» questi gli obiettivi dei primi 6 mesi del prossimo anno.

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