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Governo, ecco le tre sfide: premierato, giustizia e ulteriore taglio fiscale

Dario Martini
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Accelerazione sul premierato, completamento della riforma della giustizia e ulteriore riduzione della pressione fiscale. Sono le tre sfide sul fronte della politica interna che contrassegneranno l’attività del governo e della maggioranza nel corso di quest’anno con un occhio anche al prossimo. Capisaldi del programma con cui il centrodestra ha vinto le elezioni nel settembre del 2022. Partiamo dal premierato, la riforma costituzionale che incide sulla forma di governo del nostro Paese. L’iter è lungo e complesso. Il ddl porta la firma della ministra Elisabetta Casellati. Il testo, prima di essere votato, molto probabilmente cambierà diverse volte. Come ha spiegato anche il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, sarà soprattutto a Montecitorio che si faranno le maggiori modifiche. Bisogna tenere conto che l’approvazione di leggi che modificano la Costituzione hanno procedure assai più lunghe di quelle ordinarie e hanno bisogno di maggioranze parlamentari più ampie.

 

 

Ogni ramo del Parlamento dovrà votare il disegno di legge due volte, a distanza di almeno tre mesi l’uno dall’altro. Nel secondo turno di votazioni sarà necessaria la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato. Altrimenti si andrà a referendum, eventualità che Giorgia Meloni - come ha avuto modo di spiegare non teme affatto. La riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio, varata dal Consiglio dei ministri lo scorso 3 novembre, nelle intenzioni del governo garantisce «il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine alla stagione dei ribaltoni» e «garantire che chi viene scelto dal popolo possa governare con un orizzonte di legislatura, assicurando una stabilità che è una condizione sostanziale». Con queste parole, al tempo, la premier Giorgia Meloni aveva introdotto la proposta, frutto della mediazione tra le idee che avevano originariamente le diverse anime della maggioranza. Nei fatti, la riforma introdurrebbe un meccanismo di legittimazione democratica diretta del presidente del Consiglio dei ministri, eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare che si svolge contestualmente alle elezioni per le Camere, mediante una medesima scheda. Si prevede, inoltre, che il premier sia eletto nella Camera per la quale si è candidato e che, in ogni caso, sia necessariamente un parlamentare.

 

 

Poi, c’è la riforma della giustizia. La novità maggiore, a cui il Guardasigilli Carlo Nordio non intende rinunciare è la cosiddetta separazione delle carriere tra pm e giudici. «La riforma è già saldamente presente nei lavori parlamentari: è in Commissione affari costituzionali della Camera, le audizioni sono finite, ora si passerà all’attività procedimentale», ha spiegato il viceministro Francesco Paolo Sisto. Senza tralasciare, però, il funzionamento della giustizia civile. Come ha ricordato ieri il vicepremier Antonio Tajani, allo stato attuale ci sono «tre milioni di cause bloccate che provocano un danno del 3% al Pil». Infine, c’è il capitolo che riguarda la pressione fiscale. Già adesso, con l’inizio del nuovo anno, è entrata in vigore la riduzione delle aliquote fiscali (passano da 4 a 3), con l’accorpamento delle prime due fasce al 23% per tutti i redditi fino a 28mila euro l’anno. La prossima tappa sarà andare incontro al ceto medio. In un’intervista al Corriere della Sera il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha fissato l’obiettivo entro il 2025: «Se sarà possibile scenderemo a due aliquote Irpef». Mentre la flat tax per i lavoratori dipendenti «resta un obiettivo di legislatura, compatibilmente con le risorse a disposizione».

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