La stampa di sinistra grida al fascismo, ma ecco cosa scriveva Gramsci dei futuristi...
L'intervento del capogruppo di Fratelli d'Italia, Tommaso Foti, in merito al via libera della Camera alla legge di bilancio, è finito nel mirino dei quotidiani La Stampa e Repubblica. Il motivo? Una citazione di Filippo Tommaso Marinetti, riportata dal presidente dei deputati FdI per commentare la seconda manovra del governo Meloni. "È da osservare che è la prima legge di bilancio in anni che viene approvata senza voto di fiducia: è un riconoscimento dell'attività svolta, con l'opposizione che ha presentato un numero limitato di emendamenti. Ora, se la maggioranza li ha respinti è stato non per partito preso ma a ragion veduta è perché siamo qui per realizzare il programma del centrodestra votato dagli elettori, non per attuare quello di chi le elezioni le ha perse", ha sottolineato Foti, citando poi il manifesto futurista: "Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle". I giornali di sinistra hanno subito gridato al fascismo, dimenticando però che era proprio Antonio Gramsci, in "Socialismo e fascismo. L'Ordine nuovo", a elogiare gli artisti del movimento letterario, culturale, artistico e musicale italiano dell'inizio del XX secolo.
"I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni, prodotte dalla loro attività, fossero nel complesso un’opera superiore a quella distrutta: hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione, quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettanto precisa nel campo della politica e dell’economia, quando i socialisti si sarebbero spaventati (e si vede dallo spavento attuale di molti di essi) al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica", scriveva il filosofo.
E ancora si legge da un estratto del volume in questione: "I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi, questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi". "Vale la pena di ricordare che il manifesto futurista di Marinetti, datato 1909, fece da base alla retorica fondativa del fascismo mussoliniano", scrive La Stampa. "Due dotte e poco note citazioni a chiusura di intervento, due richiami palesi alle radici del fascismo in un caso e direttamente al nazismo, nell'altro", si legge su Repubblica. Possibile che richiamare alla memoria una frase del manifesto futurista, da tutti riconosciuto come un capolavoro rivoluzionario, sia sinonimo di nostalgia del fascismo? Polemica sterile.