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La politica saluta il 2023: successi, addii e promesse

Pietro De Leo
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America. Un 2023 con evidente affanno sul piano internazionale per la presidenza Biden. Stallo sull’Ucraina, e in coda all’anno la leadership di Zelensky vacilla. Poca incisività sulla crisi Medio Orientale. Non la miglior premessa per l’anno elettorale che si avvicina, e catalizza sulla Casa Bianca gli occhi del mondo.

Berlusconi. Il maledetto 12 giugno ha strappato al mondo il sorriso e la vita del fondatore di Forza Italia. È stato anima e sentimento di un Paese, tra chi lo amava e chi lo odiava. L’eredità politica che lascia è una sfida enorme, il primato della libertà da declinare al presente, tra l’arrembaggio dei regimi ideologici, una sinistra italiana demagogica e giustizialista, il rapporto tra la persona e la tecnologia. Speriamo che, da lassù, dia una mano.

Cecchettin, Giulia. Uccisa dall’ex fidanzato a pochi giorni dalla laurea. Pochi giorni dopo, Vanessa Ballan, uccisa da uno stalker con il bimbo che aveva in grembo. Affinché la tragedia non sia vana, è necessario sviluppare la cultura del rispetto, e della precauzione di fronte a qualunque «sintomo» di comportamento anomalo, che sia perpetrato verso le donne così come verso chiunque sia più debole.

 

 

Davis. La Coppa è finalmente tornata in Italia, dopo 47 anni. Certo, la formula non è quella di un tempo, ma bando ai dettagli! La vittoria è un potente collante di comunità, e avvolge in quell’alito azzurro che ci fa sentire irresistibilmente felici di essere italiani.

Evasione. Un 24enne scappa dai domiciliari (dove sconta condanne per piccoli reati) e si presenta in carcere, perché non vuole trascorrere il Natale da solo. Una favola amara, dal finale non lieto.

Ferragni. Si sgretola questa favoletta «pink», fatta di buoni propositi, beneficienza ostentata (e in qualche caso pericolosamente equivoca se non presuntamente finta) lezioncine impartite urbi et orbi. Quando si alza troppo l’asticella morale, è facile cadere. E il botto fa male.

 

 

Giustizia. Il primo pacchetto Nordio, con il superamento dell’abuso d’ufficio. E ancora la madre di tutte le battaglie, la separazione delle carriere. Questo governo ha fissato, tra i suoi obiettivi, una svolta garantista del sistema giudiziario. I numeri per farlo ci sono. Se non ora, quando?

Houti. Può un gruppo di guerriglieri filoiraniani stravolgere la globalizzazione? Sì, se assaltano le navi commerciali sul Mar Rosso e costringono a spostare le rotte dal Canale di Suez al Capo di Buona Speranza. Risultato? Portare le merci dall’Oriente all’Europa comporta un aggravio di costi di 1 milione di euro a viaggio e un allungamento di tempi da una a due settimane.

Islam. Dicembre costellato dagli allarmi dell’intelligence sul rischio attentati da parte dei terroristi musulmani. Ha ragione Hugo Micheron, studioso del fenomeno: come in un’onda, ci sono fasi di piena e fasi di risacca. Purtroppo, con l’aggravamento della crisi Medio Orientale, siamo di nuovo nella piena.

Liste. Un generale di qua, un economista di là. Il leader si candida o no? La giostra dei nomi in corsa per le elezioni europee è già partita con largo anticipo.

Meloni. Il 2023 ha visto un’agenda irta di difficoltà e imprevisti, specie sul piano delle risorse finanziarie (vedere alla voce ricadute della linea BCE sui tassi di interesse). Ma anche il filo del dialogo allacciato efficacemente con Bruxelles sul dossier migratorio. Nel 2024 il tema europeo sarà preponderante, sia sul piano del confronto (il no al Mes probabilmente complicherà qualcosa) sia sulla scelta delle scelte: le alleanze post voto di Strasburgo.

 

 

Natività. Anche quest’anno, assalto «woke» alla Sacra Famiglia. Don Vitaliano Della Sala allestisce un presepe con due Marie. +Europa diffonde una card digitale con distorsioni similari (due Marie, due Giuseppi ecc...). Giù le mani! Il sentimento autentico del Natale, l’amore verso un bimbo che nasce, è già universale e arriva a tutti. Non c’è bisogno di manipolazioni offensive verso i cristiani.

Occidente. La tenuta della Russia di Putin. L’ambiguità (a tratti aggressiva) della Cina di Xi. Il ruolo iraniano e il protagonismo di Erdogan in Turchia. La terra della libertà, dei diritti, la nostra terra, è sotto pressione costante. Urge abbandonare i dogmi divisivi del politicamente corretto, le illusioni di un’integrazione economica globale come cura di tutti i mali. E recuperare la politica, fatta di idee e visioni.

PD. Dall’entusiasmo al panico. La leadership di Schlein, favorita da un regolamento congressuale surreale, ha fatto furoreggiare solo chi non voleva vedere: era chiaro, infatti, che sarebbe stata una Segreteria ripiegata sui cliché ideologici. A dicembre sono arrivati in soccorso i protagonisti della gloriosa stagione dell’Ulivo, ma sembra più un tutorato a scadenza (elezioni europee) che l’apposizione di una fiche politica su un progetto.

Quirinale. Come sempre, l’attesa di fine anno per questo che sarà il nono discorso dal Colle per Mattarella.

Roma. Le fiamme di Malagrotta sono i tristi titoli di coda di un altro anno di disagi. Con l’organizzazione dei cantieri in vista del Giubileo a rendere impossibile la circolazione. Altro che città dei 15 minuti, come promesso dal Sindaco Gualtieri in campagna elettorale.

Salvini. Un 2023 di assestamento, nella definizione della nuova veste da «ministro del fare»: cantieri, tracciati, progetti. In coda all’anno una nuova virata molto identitaria in chiave eurocritica, che rispolvera alcuni temi del 2019. Allora gli portò bene. Farlo ora è un rischio ma, come più volte dimostrato, il leader della Lega non teme il brivido politico

Tajani. Un compito enorme, far vivere Forza Italia nel dopo Berlusconi. Questi primi mesi hanno dimostrato l’insostituibilità di un soggetto moderato nel centrodestra e certificato una buona tenuta dei sondaggi. Conquistare il popolo degli astensionisti e dare costrutto ad un’attrattiva liberale (non turboliberista) sono i grandi obiettivi del prossimo anno.

Ultima generazione. I vandali ambientalisti hanno sbagliato tutto. La loro mobilitazione arrogante, disturbante, fatta di blocchi stradali e vernice sui monumenti (cancellabile, sì, ma con qualche «incidente» di percorso) ha creato un effetto boomerang: fanno notizia non per le loro argomentazioni ma per i guai che combinano. Attirandosi l’antipatia degli italiani.

 

 

Vulcano. La nave ospedale della Marina Militare italiana che, attraccata al porto di al Arish, in Egitto, cura i civili in fuga da Gaza. Poco prima di Natale è nata una bambina, Ilin, cui la mamma ha voluto aggiungere, come secondo nome, «Italia».

Zelensky. Aver inoculato nel dramma di una guerra il linguaggio dello spettacolo e del sensazionalismo ci ha dato questo leader eroico, tragico ma rapidamente deperibile. Ora, a quasi due anni dal maledetto 24 febbraio, quando Putin diede ordine di attaccare l’Ucraina, il capo del governo di Kiev, che non gode più i favori dei propri apparati, ci appare come un grido sullo sfondo, sfumato nel vorticare del nostro quotidiano. E invece ci riguarda, ancora. Esattamente come prima.

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