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La sinistra vuole l'inclusione e continua la guerra al Natale

Gianni Di Capua
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Il presepe con due Madonne, la lotta a Babbo Natale, la messa interrotta dagli attivisti di Ultima generazione, anche quest’anno la sinistra non rinuncia alla sua personale guerra al Natale. Come se la modernità debba necessariamente passare dalla cancellazione delle tradizioni. Un refrain che viene riproposto ogni anno al grido dell’inclusività che però invece di includere chi è estraneo vuole escludere gli italiani. Perché non offendere gli altri sembra più importante che continuare quelle tradizioni chele nostre nonne ci hanno tramandato. Prima è arrivato il messaggio di auguri di +Europa. Quattro foto del presepe dove però non c’è mai l’immagine di Maria, Giuseppe e Gesù. In una si vedono due Marie con il bambinello, in un altro si vede un Gesù di colore, nella terza ci sono due Giuseppe e nell’ultima il grande exploit con il bambinello di colore, Maria in versione africana e un ragazzo, sempre di colore, lì accanto; forse il fratello maggiore di Gesù. Il messaggio recita: «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare». Ovviamente gli auguri provocatori hanno scatenato le critiche a cui Magi, segretario di +Europa, ha replicato: «Vogliono imporre il presepe obbligatorio nelle nostre scuole pubbliche e laiche per discriminare i bambini e i ragazzi delle altre religioni e nessuno dice niente. Invece una cartolina di auguri postati sui social di +Europa per celebrare lo spirito di inclusività e amore che dovrebbe contraddistinguere il Natale viene addirittura accusata di blasfemia. C’è chi usa i simboli religiosi contro le minoranze di questo Paese e c’è chi come noi vuole unire e mandare un messaggio di pace e libertà in un momento di festa come il Natale. Chi si scandalizza ritrovi la stella cometa del buon senso».

 

 

Un messaggio che non è piaciuto neanche a persone vicine al partito come l’imprenditrice Anita Likmeta che ha lasciato +Europa definendo il post «un suicidio politico». Anche Stefano Pedica del Pd non ha gradito e scrive: «Prima si vuole cambiare il nome di Gesù con cucù, poi si vuole cambiare la tradizione del presepe manipolando il messaggio. Rispetto tutte le scelte ma lasciamo perdere il Natale e la religione, se qualche partito vuole farsi pubblicità c’è tutto l’anno per farla». In questa offensiva è arrivato anche il contributo di don Vitaliano Della Sala, parroco della chiesa di San Pietro e Paolo a Capocastello Mercogliano in provincia di Avellino. Il prete ha allestito un presepe tradizionale e uno che, come ha spiegato, «offre la mia personale riflessione su un tema di attualità» e quest’anno l’argomento scelto è stato l’inclusività per «aprire un confronto all’interno della Chiesa». E per farlo non c’è niente di meglio di un bel presepe con due Marie che vegliano sul bambinello.

 

 

Nel frattempo a Bolzano gli attivisti di Ultima generazione dopo aver bloccato il traffico in tutta Italia hanno deciso di interrompere la messa per raggiungere l’altare ed esporre uno striscione con scritto: «A Gaza c’è un genocidio, il Natale è annullato». Non si sa bene che c’entra il conflitto in Medio Oriente con i cambiamenti climatici ma evidentemente qualcosa deve essere cambiato se gli ambientalisti ora si occupano di geopolitica. Come non ricordare invece la recita di Natale messa in piedi in una scuola elementare di Agna in provincia di Padova dove sono stati tolti tutti i riferimenti cattolici e Gesù è diventato cucù, sempre per non offendere nessuno. Mai che qualcuno si chiedesse se a offendersi non sono proprio quegli italiani che vorrebbero semplicemente continuare a festeggiare il Santo Natale, onorandola nascita di Gesù e le tradizioni che da secoli ci tramandiamo di generazione in generazione.

 

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