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Senato, il fax segreto di Di Maio e il Pil farlocco di Conte

Dario Martini
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Due racconti dell’Italia a confronto. Da un lato le opposizioni, che provano a "cantarle" al presidente del Consiglio, dall’altro Giorgia Meloni, che ribatte con alcune battute destinate a restare nella "hit parade" delle cronache del Senato. L’Aula è riunita per discutere sulle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo di oggi e domani. Prima parlano i senatori. Poi replica Meloni. Concludono i parlamentari con le dichiarazioni di voto. Per comodità riporteremo la cronaca di questa giornata suddividendo il racconto per temi. Un botta e risposta infuocato. Lo dimostra la mano del ministro della Salute Schillaci sulla fronte del premier per misurarle la temperatura.

 

 

GATTO MORTO Prende la parola Pietro Lorefice del M5S, il quale sfodera la superiorità economica degli esecutivi Conte I e II: «L’Istat vi ha bocciato, voi siete il governo dello zero virgola, mentre noi abbiamo portato il Pil a due cifre». È un boomerang. Meloni replica mostrando gli ultimi dati dell’Istat, quelli di ieri: +481mila posti di lavoro creati quest’anno. E aggiunge: «In economia si chiama "dead cat bounce", ovvero "rimbalzo del gatto morto", fenomeno per cui anche un gatto gettato dalla finestra rimbalza, pure se morto. Allo stesso modo del Pil a doppia cifra vantato da Conte, ma solo perché era sprofondato più del resto d’Europa. Non me ne vanterei».

 

 

STIMA PER DRAGHI Si dibatte anche sul peso specifico dell’Italia in Europa. Per Simona Malpezzi, del Pd, l’Italia sbaglia a scegliere Orban come compagno di viaggio. Mentre il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, scandisce: «Quando Draghi ha preso il treno (con Scholz e Macron, ndr) non è sceso a Ciampino (riferimento al ministro Lollobrigida, ndr). Invece di attaccarlo farebbe bene a copiarlo». Meloni è costretta a chiarire che la sua era una critica al Pd: «Quello che dicevo ieri sulla foto, è lungi da essere un attacco a Mario Draghi, tutti sanno quel che penso della sua fermezza sull’Ucraina.
Quel treno l’ho preso anche io per andare a Kiev. C’è stata un’Italia che in passato ha ritenuto che il suo ruolo fosse quello di vedere cosa facevano Germania e Francia per poi infilarsi in una fotografia».

 

 

IL FAX DI MAIO Il grillino Lorefice regala un altro botta e risposta degno di nota. Il tema è il Mes, il fondo salva Stati che l’Europa chiede all’Italia di approvare. Il senatoresi rivolge direttamente al premier: «Lei ha additato il presidente Conte di averlo ratificato, ma non è vero, fu solo un aggiornamento. Lei ha attaccato più volte la nostra logica di pacchetto (subordinare il Mes all’approvazione del Patto di Stabilità, ndr), ora è diventato il suo cavallo di battaglia». La replica è un coup de théâtre. Meloni sventola un documento in Aula: «Negate che il governo Conte alla chetichella abbia dato l’assenso alla riforma del Mes? Allora ho portato qui un bel fax in cui Luigi Di Maio firma l’autorizzazione alla riforma del Mes. Una firma messa il giorno dopo la fine del governo Conte, senza dibattito in Parlamento, senza dirlo agli italiani, con il favore delle tenebre. Altroche logica di pacchetto: questo foglio dimostra che prima di fare gli scatoloni Conte lasciava questo pacco al governo successivo».

 

 

ARMI GRILLINE Riecco Lorefice, il quale sciorina i tragici numeri di Gaza (oltre diecimila bambini morti) e chiede lumi a Meloni: «Ha bloccato il trasferimento di armi dall’Italia a Israele?». Ennesimo boomerang, il premier ribatte: «Non stiamo vendendo armi a Israele. Il governo Conte è quello che ha venduto più armi a Israele negli ultimi anni». PATTO CON L’ALBANIA Graziano Delrio (Pd) attacca sull’immigrazione: «L’accordo con l’Albania è fuori dal diritto internazionale e non è risolutivo». Il premier ricorda di essere rimasta «basita» dalle critiche al primo ministro albanese Edi Rama, con il Pd che ha cercato di espellerlo dal Pse. PNRR E COPPA DAVIS Infine, Meloni si toglie un sassolino dalla scarpa: «Qualcuno ha tifato più perché non venisse pagata la terza del Pnrr all’Italia che alla finale di Coppa Davis».

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