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Gino Cecchettin, Feltri contro il nuovo simbolo della sinistra: "E' imbarazzante"

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Gino Cecchettin è diventato il simbolo della lotta al patriarcato. Nel suo editoriale pubblicato su Il Giornale del 12 dicembre, però, Vittorio Feltri mette in dubbio la sua posizione di presunta autorevolezza nel commentare tali tematiche. "E' alquanto imbarazzante che il nuovo simbolo della sinistra nell’ambito della lotta al patriarcato (che non c’è) abbia sulla rete ciarlato di posizioni sessuali, sue performance personali tra le lenzuola, tanga, mani nelle mutande e roba simile. Cecchettin non ha smentito che il profilo, che è stato chiuso e rimosso, sia riconducibile proprio a lui. Quindi, come tu dici, dobbiamo presumere che, in effetti, sia stato proprio egli l’autore di certe battutacce fin troppo spinte. Reputarlo una cattiva persona per questo trovo che sia estremo, anche ingiusto". Poi Feltri parla esplicitamente di terrorismo. "A furia di fare questo terrorismo nell’uso di certi termini - prosegue Feltri - finiremo con l’inibire gli uomini che già temono di utilizzare talune frasi, o taluni nomignoli o sostantivi. Viviamo con il terrore di essere fraintesi, accusati, travisati. Questa paura si traduce in un congelamento dei rapporti tra uomo e donna, una sorta di sterilizzazione, di distacco che si sta imponendo tra i sessi. Il senso di appartenenza come quello di possesso non sono qualcosa di inconciliabile rispetto al sentimento d’amore, tutt’altro". 

 

 

 

 

Fino alla stoccata finale a chi si aggrappa ai vuoti stereotipi della sinistra. "Gino Cecchettin non mi sembra esperto di sentimenti. Ma viene applaudito e glorificato per certe dichiarazioni che nessuno osa contestare, nonostante siano boiate pazzesche. Le sue parole sono oro colato per quelle risicate masse di sinistra che non aspettano altro che qualcuno corrobori i loro pregiudizi ideologici, i loro stereotipi di genere, le loro schizofrenie del pensiero conformato. Gino è perfetto: parla di patriarcato, senza saperne nulla, come egli stesso ammette, parla di linguaggio sessista, che pure pare non abbia disdegnato in passato, consiglia ai maschi di dire spesso alle compagne non «ti voglio bene» bensì «ti amo», come se un «ti voglio bene» fosse «un pugno in faccia», ripete una sfilza di stucchevolezze che ti domandi come possa un essere umano costituire un tale concentrato di frasi-fatte. Eppure egli incarna un modello, il modello antipatriarcale, il modello positivo di mascolinità, da emulare, da prendere come esempio. Anche se non ne comprendiamo affatto il perché".

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