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Superbonus, reddito di cittadinanza e “tasse etiche”: spazzati via gli sprechi del M5S

Pietro De Leo
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L’uscita dell’Italia dall’accordo con la Cina sulla Via della Seta segna un altro punto di rottura rispetto alle politiche realizzate dal Movimento 5 Stelle. Un percorso che il governo Meloni sta compiendo, ma di cui alcuni passi furono mossi già con l’Esecutivo di Mario Draghi. È il caso, ad esempio, della riforma Bonafede sulla prescrizione. L’allora ministro della Giustizia del Movimento 5 Stelle (nel secondo governo Conte) aveva proposto - e fatto approvare- una modifica dell’istituto che ne contemplava l’abolizione dopo la prima sentenza, che fosse di condanna odi assoluzione. Questo schema venne poi cambiato in parte con la riforma Cartabia che introdusse il principio di «improcedibilità», stabilendo dei tempi superati i quali il processo si sarebbe estinto. Si trattava di due anni dal ricorso in appello e uno da quello in Cassazione. Ora, il governo attuale ha intenzione di compiere un passo ulteriore, ripristinando il funzionamento della prescrizione a prima della modifica di Bonafede. Lavori in corso, dunque.

 

 

Invece quel che è quasi compiuta è la modifica del reddito di cittadinanza. Il beneficio di inclusione sociale del Movimento 5 Stelle ha mostrato una doppia velocità. Ha sicuramente funzionato come strumento assistenziale, garantendo risorse fresche ai più bisognosi specie ai tempi del Covid. Però ha in gran parte mancato il secondo pilastro della propria missione, ovvero l’accompagnamento al lavoro. Soltanto tra il 3 e l’8% dei percettori ha avuto un’offerta di lavoro o di formazione. Senza dimenticare, poi, la ricca aneddotica delle irregolarità e delle indebite percezioni e gli oltre 30 miliardi di costi totali. L’addio al reddito era stato fissato nel programma elettorale del centrodestra, con grandi strali del leader pentastellato Conte che addirittura arrivò a ventilare la guerra civile. Quando si sono verificati, durante l’estate, gli «switch» degli abili al lavoro i nuovi strumenti di sostegno ed è stata lanciata la piattaforma per accedere ai progetti di formazione, in alcune città italiane si sono svolte delle manifestazioni dei beneficiari su cui la retorica del Movimento ha provato ad incunearsi. Ancora Conte preventivava un «autunno caldissimo», che poi per fortuna non c’è stato. E le iniziative di piazza dei percettori del reddito sono durate non più di qualche giorno. E dal 2024 entreranno in vigore due misure introdotte dal governo per sostenere i fragili e i più poveri. Si tratta del Supporto per la formazione al lavoro e dell’assegno di inclusione. L’assegno di inclusione, in particolare, verrà riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in condizione di disabilità oppure minorenne o con almeno di 60 di età o che sia inserito in un programma di cura e di assistenza dei servizi socio sanitari territoriali.

 

 

Altra misura di cui il governo Meloni ha sancito lo stop è stato il superbonus 110%. Misura che senz’altro, da un lato, ha favorito un rilancio dell’edilizia dopo il momento di stop totale del Covid. Ma dall’altro lato ha creato problemi ai conti dello Stato, tanto che ancora ieri la premier la indicava tra le difficili eredità che hanno reso più difficile la manovra di bilancio: «noi per il 2024 abbiamo 13 miliardi di euro in più da pagare di maggiori interessi sul debito, l'aumento dei tassi da parte della Bce, e 20 miliardi da pagare di crediti del superbonus». Una questione, peraltro, che si incastra anche con il confronto europeo sul Patto di Stabilità e la proposta sul tavolo di riduzione del debito dell’1% annuo. Lo ha spiegato qualche giorno fa, in audizione dinnanzi alle commissioni bilancio riunite di Camera e Senato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Il rapporto debito Pil si riduce con la crescita, al massimo con la minore spesa per interessi. Nelle nostre proiezioni la riduzione del debito sul Pil già dall'anno prossimo potrebbe aggirarsi intorno all'1%, ma c'è il peso del Superbonus. La riduzione del debito pubblico dell'1% annuo non fa paura all'Italia ma deve iniziare quando i fumi del Superbonus si diradano». Esistono poi altre due misure introdotte con il governo Conte 2, che vanno sotto il novero delle «tasse etiche» di cui i pentastellati furono grandi sostenitori, ovvero la sugar tax e la plastic tax. Balzelli che costituiscono una tagliola pronta a scattare alle caviglie dei comparti interessati, per fortuna mai entrati in vigore. Con questa manovra la loro applicazione è stata rinviata per la sesta volta. Nella speranza che, prima o poi, anche in questo caso si scriva la parola fine.

 

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