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Sarkozy, la reazione di Forza Italia al libro: "Livore di un politico fallito"

Gianni Di Capua
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Come era prevedibile la biografia dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha scatenato il dibattito anche in Italia vista l’ammissione del suo ruolo nel "complotto" che portò alla caduta del governo Berlusconi. Da Forza Italia non si sono fatte attendere le reazioni. Licia Ronzulli, presidente dei senatori forzisti, si è chiesta se «Sarkozy avrà dedicato spazio anche alle beghe giudiziarie che lo riguardano tuttora. Invece di denigrare e offendere un grande leader come il presidente Berlusconi che oggi non è più fra noi e non può difendersi».

Maurizio Gasparri, senatore di FI, ha dichiarato: «Sarkozy riversa in questi suoi scritti il livore di un politico fallito, sconfitto sul piano del consenso e sul piano morale. Con queste sue ricostruzioni conferma il suo scarso valore. Aveva illuso tanti, è un fallimento clamoroso».
Per Maria Tripodi, sottosegretario agli Esteri, in una nota ha scritto: «Ci sono leader che rimangono nella storia, altri di cui si dimentica a volte persino il nome. Il signor Sarkozy è probabilmente in cerca di gloria postuma, riscrive gli eventi in maniera grossolana e approssimativa, al limite dell’insulto».

 

Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto dà una testimonianza di quei giorni convulsi: «Ero ministro in quel governo, considero quella una brutta pagina, non penso che altri governi possano incidere o determinare la caduta di un governo sovrano eletto dal proprio Paese a prescindere non va bene». Anche Maurizio Lupi c’era in quel governo 2011. «Ero vicepresidente della Camera, quella notte eravamo tutti col presidente Berlusconi a Palazzo Grazioli quando prese la decisione di dimettersi; lo avevamo detto: c’era un clima internazionale che spingeva in quella direzione e oggi quelle rivelazioni confermano ovviamente quanto dicevamo noi in quel momento».

Per Tullio Ferrante, deputato di Forza Italia e sottosegretario alle Infrastrutture, «occorre qualche precisazione». Va chiarito «che le sue dimissioni (Berlusconi) non furono dettate dai poco diplomatici ed eleganti sorrisini suoi e della cancelliera Merkel o da presunte opere di convincimento dagli stessi esercitate, ma da un gesto di concordia nazionale che Silvio Berlusconi fu costretto a fare a fronte di un ampio blocco istituzionale, politico, economico/finanziario, mediatico che, non avendolo sconfitto nelle urne, provò a farlo con una manovra spericolata, aiutato da pericolosi speculatori con la minatoria leva dello spread, che si concluse con un poco onorevole governo tecnico». 

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