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Emergenza sbarchi, il governo inizia ad allestire i centri per i rimpatri veloci

Dario Martini
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Il Viminale accelera sulla creazione dei centri per i rimpatri veloci. Uno dei pilastri della nuova strategia messa in campo per arginare il boom di sbarchi sulle coste italiane. Il commissario all’emergenza immigrazione, il prefetto Valerio Valenti, sta individuando le località dove allestire le strutture di questo tipo, che dovranno consentire tempi veloci per riportare in patria i migranti che non hanno diritto all’accoglienza. Si partirà, per ovvie ragioni, da Sicilia e Calabria. Il primo centro di questo tipo dovrebbe essere quello di Pozzallo, porto del ragusano da sempre particolarmente sotto pressione, dove sono già partiti i lavori di costruzione. I posti saranno un’ottantina. Il fatto che sia adibito alle espulsioni accelerate non è ancora ufficiale, anche perché prima bisognerà siglare gli accordi con i paesi d’origine. In principio, quindi, potrà essere adibito anche ad altri scopi. Al momento, le intese per i rimpatri sono in vigore solo con Tunisia ed Egitto. Ciò significa che possono essere rimandati indietro solo tunisini ed egiziani, che però non sono le nazionalità più "rappresentative" dei migranti che arrivano sulle nostre coste, nonostante la Tunisia sia il Paese da cui salpa ormai la metà dei barconi diretti in Italia. La maggior parte dei migranti, però, provengono dalla Guinea (12.040 da inizio anno) e dalla Costa d’Avorio (11.888). Non a caso il governo conta di raggiungere la prima intesa proprio con quest’ultimo Stato dell’Africa occidentale. I destinatari delle espulsioni veloci sono tutti quei migranti che provengono da Paesi che non possono ambire allo status di rifugiato. Una volta identificati nell’hotspot di sbarco, verranno "dirottati" nei centri adibiti alle procedure accelerate dove dovrebbero rimanere non più di un mese, il tempo necessario ad esperire tutta la trafila burocratica propedeutica all’espulsione e al conseguente rimpatrio.

 

 

 

La strategia del governo è chiara, anche perché non si può aspettare che l’Unione europea passi dalle parole ai fatti, garantendo quella difesa comune delle frontiere esterne che, al momento, è solo un impegno scritto sulla carta ancora da tradurre in provvedimenti concreti. Non a caso nei giorni scorsi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato un nuovo decreto per settembre che si concentrerà proprio sui Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio). Tra l’altro, i rimpatri sono già aumentati rispetto allo scorso anno. Secondo i dati diffusi a Ferragosto dal Viminale, nei primi sette mesi dell’anno sono stati 2.561, a fronte di 2.000 nello stesso periodo del 2022. Infine, per attenuare la pressione su Lampedusa, si sta realizzando un nuovo hotspot a Porto Empedocle dove verranno portati temporaneamente i migranti da ripartire poi nelle altre regioni italiane. Ieri mattina nel centro di Lampedusa si trovavano circa duemila persone. Poi, durante la giornata, ottocento hanno lasciato la struttura, che ha una capienza di circa quattrocento migranti, anche se in casi necessari la Croce rossa, che la gestisce, ha più volte tenuto a sottolineare che il numero può crescere in base alle esigenze.

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