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Governo, Meloni serra i ranghi: “Basta con le disattenzioni”. Risorse sulle politiche del lavoro

Luigi Frasca
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Il pranzo a palazzo Chigi era già in agenda da giorni, ma l’approvazione alla Camera, con il parere favorevole del Governo, di un ordine del giorno a firma Fratoianni (Si) che impegna il Governo a valutare l’introduzione della «Next generation tax», ovvero una tassa patrimoniale per i redditi superiori a 500mila euro, non mette certo Giorgia Meloni nello stato d’animo migliore. La premier riunisce a palazzo Chigi i vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani, e i capigruppo di maggioranza per fare il punto prima delle vacanze e iniziare a impostare la rotta della ripresa. La «ramanzina», che qualcuno pure si aspetta, alla fine non c’è. «Giorgia ha voluto unire e fare squadra, non rimproverarci», assicurano i presenti. Meloni, tra un riso freddo alle verdure e un tagliere di mozzarelle, prosciutto, ricottine e pomodori, parte dalla manovra. Le risorse, mette a verbale la premier rivolgendosi ai suoi interlocutori, saranno limitate, quindi «bisognerà concentrarle e non disperderle». Niente bandierine di partito, quindi, ma un’unica grande priorità: il lavoro. Sostenere le imprese in modo da creare nuovi posti e rendere più pesanti gli stipendi dei lavoratori, è la linea. Matteo Salvini annuisce, anche se ricorda che diversi sono gli obiettivi da portare avanti.

 

 

Meloni apre poi il dossier Europee. Il sistema proporzionale presuppone una sfida tra singoli partiti ma, mette in chiaro la premier, «non possiamo farci la guerra da adesso alle Europee. È un appuntamento importante, dobbiamo lavorare tutti insieme, perché il successo dei quattro partiti è il successo di tutti». Pronti a mettersi al lavoro da settembre per una campagna elettorale comune, quindi, senza colpi bassi. La vicenda dell’odg Fratoianni, comunque, non passa inosservata. La leader di Fratelli d'Italia chiede conto a tutti. L’ultimo incidente di un parere favorevole «maldestro» era avvenuto per l’affaire Visibilia, società della ministra del Turismo Daniela Santanchè. Poi i resoconti parlamentari conservano la bocciatura del Def alla Camera e quella, in Senato, degli emendamenti del relatore al decreto Lavoro. Meloni si fa spiegare tutto nei dettagli e chiede il perché di errori e disattenzioni che non fanno bene. I protagonisti spiegano che nella riformulazione c’era solo «l’impegno a valutare» la patrimoniale. «Abbiamo valutato rapidamente, Fratoianni può aspettare cinque anni», sentenzia lei. «Il governo ha velocemente valutato la proposta e altrettanto velocemente ha concluso che non intende dare seguito alla stessa», confermano poco dopo fonti di palazzo Chigi.

 

 

I deputati, a loro discolpa, fanno presente alla premier che la Camera, a differenza del Senato, non ha mai approvato la riforma dei regolamenti ed è difficile, a ranghi ridotti dopo la riduzione del numero dei parlamentari, lavorare nelle 14 commissioni permanenti, senza considerare le bicamerali e quelle d’inchiesta. Tutto vero. L’invito, però, è comunque a prestare sempre la giusta attenzione agli ordini del giorno presentati da Fratoianni e, in generale, dalle opposizioni. Meloni chiede un maggiore coordinamento tra il lavoro del Governo e quello del Parlamento. Il pranzo, viene riferito, si ripeterà «periodicamente».

 

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