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Fratelli d'Italia, Foti su Paolo Borsellino: "Lo avremmo candidato per il Quirinale"

Pierpaolo La Rosa
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«Nel 1992, la destra del Movimento sociale italiano votò Paolo Borsellino per la presidenza della Repubblica, e lo fece non perché era un personaggio legato ad un’area politica, ma perché era il simbolo forte della lotta alla mafia. Se Paolo Borsellino fosse stato vivo, penso che lo avremmo votato per il Quirinale anche nel gennaio del 2022». Non ha dubbi il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, intervenuto ieri al convegno dedicato alla memoria di Borsellino, dal titolo «Parlate di mafia... Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene», organizzato a Palermo dai gruppi parlamentari di FdI di Montecitorio e Senato, in collaborazione con l'Ufficio studi.

Onorevole Foti, che bilancio si può fare finora della lotta alla mafia?
«Lo Stato ha vinto perché 31 anni dopo quelle stragi, che dovevano rappresentare la sconfitta dello Stato, almeno il gotha della mafia è stato sicuramente decapitato, abbiamo avuto più di 20 mila arresti, centinaia di Consigli comunali sciolti, ed anche la potenza di fuoco della mafia è diminuita, passando da una media in passato di 2 mila omicidi all’anno, a meno di 400 oggi, che sono comunque tanti».

 

 

Tornando alle polemiche degli ultimi giorni, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non si tocca.
«Bisogna distinguere quelli che sono gli atti del governo, e di un ministro, da quelle che sono le considerazioni nell’ambito di una cultura personale, come ha fatto Carlo Nordio. Non è mai stata messa in discussione l’attuale lettera del concorso esterno in associazione mafiosa».

C’è spazio in Parlamento per correzioni alla riforma della giustizia?
«Il Parlamento è fatto per confrontarsi e, se possibile, se interviene, per migliorare i testi di legge. Credo che quello all’attenzione del Senato sia un buon provvedimento. Sarebbe auspicabile, e possibile, un’approvazione definitiva della riforma da parte delle Camere entro ottobre di quest’anno».

E sull’abuso d’ufficio?
«Sull’abuso d’ufficio noto una cosa: ci hanno messo le mani vari governi, a partire dal quarto esecutivo Andreotti per passare al governo Prodi due e poi, per andare ai giorni nostri, a Conte e Draghi. Se si continua a parlare dell’esistenza del problema, del timore della firma, evidentemente significa che non si è ancora trovata una tipizzazione tale da scongiurare tale timore. La soluzione di Nordio taglia la testa al toro: se qualcuno ritiene di averne una migliore la proponga e ci confronteremo».

 

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