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Migranti, Meloni prova a mediare con Polonia e Ungheria. Ma l'Ue non trova l'accordo

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Il 'no' di Polonia e Ungheria fa stralciare le conclusioni sulla migrazione al Consiglio europeo. Anche la mediazione affidata al premier Giorgia Meloni, della stessa famiglia dei conservatori del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, e vicina anche al premier magiaro Viktor Orban, non è andata in porto. Già da ieri sera il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, visto l'impasse sul capitolo, aveva chiesto al premier di provare a persuadere i due, stamane un trilaterale nella sede della rappresentanza italiana a Palazzo Europa, ma il tentativo non è andato a buon fine e Meloni è tornata tra i leader - che ne avrebbero chiesto anche una seconda esplorazione - dicendo che le conclusioni non sarebbero passate. Da qui lo stratagemma di procedere con delle conclusioni del presidente del Consiglio europeo Michel che esprimessero i due capitoli sulla migrazione, anzi rafforzati rispetto alla bozza. In queste conclusioni "personali" è contenuto tutto il messaggio sulla dimensione esterna della migrazione, definita "sfida europea che richiede una risposta europea", con il focus sulla lotta al business dei trafficanti, la gestione delle frontiere esterne e i partenariati. L'opposizione della Polonia non è tanto su questo aspetto - anzi proprio ieri Morawiecki aveva proposto un piano Ue per rafforzare le frontiere esterne - quanto sul Patto Migrazione e asilo, su cui il Consiglio Ue ha adottato la sua posizione negoziale l'8 giugno, con il consenso dell'Italia, e in particolare nella parte relativa all'obbligo di solidarietà tra gli Stati membri. Varsavia sostiene che quell'atto non poteva essere approvato a maggioranza qualificata perché le conclusioni del dicembre 2016, giugno 2018 e giugno 2019 del Consiglio europeo - a livello di leader dunque - indicavano che tutte le decisioni in materia di immigrazione avrebbero dovuto essere prese per consenso, ossia senza l'opposizione di nessuno. I Trattati Ue invece non prevedono l'unanimità per la materia della migrazione. L'Ungheria invece non voleva nei contenuti che venissero imposti dall'Ue ricollocamenti obbligatori, la stessa battaglia che Budapest intraprese nella crisi siriana del 2015-16.

 

 

L'inquilina di Palazzo Chigi ritiene che "il ruolo dell'Italia sia stato di protagonista" e "chi ha seguito il Consiglio europeo può confermarlo". Meloni ha anche sottolineato che per la prima volta "finalmente viene citata in un documento del Consiglio europeo la dimensione della demografia". Nessuna critica nei confronti dei due alleati sovranisti. "Non sono delusa dall'atteggiamento di Polonia e Ungheria, non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali", sottolinea. "Finché noi cerchiamo soluzioni su come gestire i migranti quando arrivano sul territorio europeo non troveremo mai unanimità - spiega -. L'unico modo è lavorare sulla dimensione esterna". Anche il premier polacco afferma che non c'è nessuna contraddizione con la sua "buona amica Georgia". Il governo di Roma ha preso le sue decisioni sulla migrazione "nell'interesse dell'Italia" e "quindi abbiamo concordato di non essere d'accordo su questo aspetto molto ristretto della politica europea", ma "siamo d'accordo su tutto il resto". Meloni ribadisce che con Polonia e Ungheria c'è "un ottimo rapporto" e di aver tentato una mediazione fino all'ultimo. "È un lavoro che bisogna continuare a fare", aggiunge la premier ricordando la sua visita a Varsavia di mercoledì prossimo. "Abbiamo compiuto progressi significativi sulla migrazione da febbraio. Michel ricorda che, anche se non c'è stata unanimità, il dibattito "ha mostrato una grande convergenza" e che "il Consiglio europeo resta pienamente impegnato su questo tema e vi ritornerà periodicamente".

 

 

Quanto agli altri temi affrontati a Bruxelles, il premier riferisce che quello della ratifica del Mes "è un tema che non mi viene posto e quindi probabilmente vuol dire che non c'è la stessa attenzione che noi gli dedichiamo nel dibattito in Italia". Sul pagamento della terza rata del Pnrr, invece, è passata anche la data limite del 30 giugno e la Commissione è tornata oggi a ricordare "che i lavori sono ancora in corso" con "scambi costruttivi con le autorità italiane", ma ormai nelle interlocuzioni si parla già di richiesta di pagamento di quarta rata, segno che la situazione si sta protraendo più del previsto, con tutte le ripercussioni del caso.

 

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